Nessuna sorpresa. Come annunciato alla vigilia del Consiglio dei ministri dallo stesso premier, sulla Pa non arrivano misure immediate ma si apre una mega-consultazione pubblica destinata a durare un mese, con l’obiettivo di coinvolgere in particolare i dipendenti pubblici e i loro “datori di lavoro”, ovvero i cittadini. Solo dopo il confronto aperto e le proposte raccolte sulle tre linee guida indicate in una lettera pubblicata in serata sul sito di palazzo Chigi (interventi sul capitale umano, taglio degli sprechi, riorganizzazione e digitalizzazione della Pa) arriveranno i provvedimenti veri. Un disegno di legge delega e un decreto, ha spiegato Matteo Renzi in conferenza stampa affiancato dal ministro Marianna Madia, che saranno varati venerdì 13 giugno, quando la campagna elettorale sarà ampiamente chiusa. La lettera ai dipendenti pubblici
Considerazioni, proposte e suggerimenti dovranno essere inviate all’indirizzo rivoluzione@governo.it, ha indicato il premier, che ha più volte tenuto a sottolineare che la sua «riforma della Pa» non prevede esuberi e non incrocerà necessariamente con i lavori in corso della spending review di Carlo Cottarelli.
Le idee sono in molti casi già state fissate nero su bianco, pronte per essere adottate: «Ma noi non siamo arroganti – ha detto Renzi leggendo un passo della lettera aperta – per questo vogliamo prima confrontarci dando certezza dei tempi». Tre, come detto, le linee di intervento. Si parte dal capitale umano, da riqualificare e svecchiare, si procede con un capitolo dedicato agli sprechi e alla riorganizzazione delle amministrazioni centrali e periferiche e si conclude con il capitolo dedicato agli open data, la semplificazione e la digitalizzazione dei servizi, con il riferimento al famoso “Pin del cittadino” ovvero una chiave di identità unica digitale con cui accedere a tutti i servizi pubblici.
Sul fronte del personale, il presidente del Consiglio e il ministro hanno auspicato un confronto «innovativo e costruttivo» con i sindacati ma anche con la altre associazioni di rappresentanza. Si punterà su strumenti specifici come l’abolizione del trattenimento in servizio, che potrebbe aprire la possibilità di almeno 10-15mila assunzioni. E si procede con l’ampio capitolo di riforma della dirigenza: il ruolo unico perderà le due fasce, arriva la possibilità di licenziamento in caso di mancanza di incarichi e la revisione della valutazione delle performance, con l’introduzione anche di indicatori legati all’andamento dell’economia. Mentre i permessi sindacali verranno dimezzati.
Come detto nessun incrocio con la spending ma sono impostanti i tagli annunciati: via i segretari comunali e prefetture ridotte a 40, abolizione della Covip (con trasferimento delle funzioni a Bankitalia) e ridisegno dell’attuale sistema delle Authority. Rivoluzione anche per le scuole di formazione: deve rimanerne una sola e da lì verranno allestiti i futuri corsi-concorsi. Il premier-sindaco non ha dimenticato nelle sue linee guida anche il riferimento alla giustizia amministrativa: si tenterà di rendere più rigoroso il sistema delle incompatibilità dei magistrati amministrativi, verranno riformate funzioni e onorari dell’Avvocatura dello Stato e si modificherà la disciplina della sospensione cautelare del processo amministrativo. potrebbero portare alla cancellazione di figure storiche come, per esempio, i segretari comunali. Mentre non verrebbe più toccata la struttura della retribuzione fissa e di posizione. Il tetto introdotto dei 240mila euro lordi l’anno resta l’unica misura. Sulle retribuzioni si fa invece di nuovo riferimento ai limiti di cumulabilità dei compensi percepiti. Renzi ha fatto riferimento esplicito alla prima circolare firmata dalla Madia dopo l’insediamento: si proseguirà in quella direzione con un’attenzione rigorosa sul divieto di cumulo tra stipendi, consulenze e pensione ato il ministro con riferimento alle retribuzioni e alla «non lontananza dal luogo lavoro».
L’intervento sul capitale umano prevede poi altre opzioni che spaziano da una riconsiderazione dell’attuale regulation della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e del part-time. Altra leva da attivare, specificata nella lettera aperta a tutti i dipendenti, è poi l’introduzione dell’esonero dal servizio e la possibilità di affidare mansioni assimilabili quale alternativa opzionabile per il lavoratore in esubero. Insomma, tutti gli strumenti di mobilità e ricollocabilità flessibile prima di arrivare agli eventuali prepensionamenti.
1) LA STRETTA SUI VERTICI. Ruolo unico senza fasce e dirigenti licenziabili
La riscrittura degli attuali assetti della dirigenza pubblica passerà per il superamento delle due fasce previste nel ruolo unico (articoli 13-29 del Dlgs 165/2001 e successive modifiche introdotte dalla riforma Brunetta).
Una modifica che dovrebbe portare a profili di carriera effettivamente basati sugli incarichi ricoperti e gli obiettivi realizzati, non più anche (in molti casi solo) sugli scatti di anzianità. E con la postilla, non certo secondaria, della licenziabilità. La risoluzione del rapporto di lavoro, per come è stata presentata dal premier e dal ministro Madia, andrebbe ben oltre gli attuali profili disciplinari. Leggendo il testo della lettera si incontra infatti la possibilità del licenziamento per il dirigente che rimane senza un incarico oltre un certo termine (si dice 2 anni ma solo dopo la pubblica consultazione si deciderà sui dettagli). Una previsione già introdotta con la spending review del 2012 ma mai realizzato.
La riflessione sulla dirigenza dovrebbe portare poi a novità anche sulla valutazione dei risultati: «Va fatta seriamente e la retribuzione di risultato andrà erogata anche in funzione all’andamento dell’economia». È la conferma di quell’annuncio che era stato fatto a riguardo della dirigenza della sola presidenza del Consiglio (si attende il Dpcm) e che, se sarà nei provvedimenti di giugno, porterebbe a una revisione generalizzata dell’attuale ciclo della performance i cui risultati sono stati stigmatizzati ancora nell’ultima relazione dell’Autorità anticorruzione, laddove si segnalava come, nel 90% dei casi, i risultati di performance scattano quasi sempre per tutti indistintamente.
Le novità sulla dirigenza potrebbero portare alla cancellazione di figure storiche come, per esempio, i segretari comunali. Mentre non verrebbe più toccata la struttura della retribuzione fissa e di posizione. Il tetto introdotto dei 240mila euro lordi l’anno resta l’unica misura. Sulle retribuzioni si fa invece di nuovo riferimento ai limiti di cumulabilità dei compensi percepiti. Renzi ha fatto riferimento esplicito alla prima circolare firmata dalla Madia dopo l’insediamento: si proseguirà in quella direzione con un’attenzione rigorosa sul divieto di cumulo tra stipendi, consulenze e pensione.
2) PERSONALE DELLA PA Addio al trattenimento in servizio
L’obiettivo confermato è di “svecchiare” una pubblica amministrazione ingrigita da anni e anni di blocco del turn over. Per farlo il governo utilizzerà tutti gli strumenti possibili prima di arrivare agli eventuali prepensionamenti. Ma sapendo che non c’è un tema esuberi e che gli interventi sul pubblico impiego non saranno disegnato con una logica di spending review.
Come ha spiegato ieri il ministro della Pa Marianna Madia, l’azione sul capitale umano potrebbe portare alla liberazione di almeno 10-15mila posti nei prossimi anni, agendo su diverse leve, tra cui quella del cosiddetto trattenimento in servizio, vale a dire la facoltà delle amministrazione di allungare il rapporto di lavoro di dipendenti e funzionari oltre i requisiti di pensionamento. Si tratta di un istituto sul quale già in passato sono stati fatti diversi interventi (si ricordi da ultimo la circolare interpretativa dell’ex ministro Filippo Patroni Griffi sull’articolo 24 del decreto salva Italia), e che ora torna nel mirino di palazzo Chigi.
«Se obblighi tutti ad andare in pensione, risulterebbe prudente la previsione di 10mila nuovi assunti, in realta i calcoli che abbiamo fatto sono tra i 14 e i 15mila da qui al 2018» ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, illustrando le linee guida della riforma della Pa.
Usando questo strumento e ricorrendo a quello che Madia ha chiamato «sblocco selettivo» del turn over, ecco aprirsi i margini per un ricambio generazionale nella Pa centrale e periferica. L’intervento verrebbe disegnato partendo da un’analisi dei fabbisogni standard delle diverse amministrazioni e verrebbe gestito in parallelo a una mobilità effettiva. Occorre «mettere in campo» una «mobilità che funzioni», sia «volontaria, ma anche obbligatoria, garantendo dignità al lavoratore», ha sottolineato il ministro con riferimento alle retribuzioni e alla «non lontananza dal luogo di lavoro».
L’intervento sul capitale umano prevede poi altre opzioni che spaziano da una riconsiderazione dell’attuale regulation della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e del part-time. Altra leva d attivare, specificata nella lettera aperta a tutti i dipendenti, è poi l’introduzione dell’esonero dal servizio e la possibilità di affidare mansioni assimilabili quale alternativa opzionabile per il lavoratore in esubero. Insomma, tutti gli strumenti di mobilità e ricollocabilità flessibile prima di arrivare agli eventuali prepensionamenti.
3) ENTI PUBBLICI Stretta su sospensive Tar e liti temerarie
Maggiore cautela nell’assegnazione delle sospensive, inasprimento delle sanzioni per dissuadere dalle liti temerarie, giro di vite sulle incompatibilità dei magistrati. Su questi tre punti, citati ieri dal premier Renzi nel corso della conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri, si gioca l’intervento di riforma della giustizia amministrativa.
In realtà, non si tratta di novità assolute. La questione delle sospensive – accusate di inceppare l’economia, perché congelano gli appalti fino all’udienza di merito – è nel mirino da tempo. Tanto che il presidente del Consiglio di Stato, Giorgio Giovannini, vi ha fatto riferimento nel discorso di apertura dell’anno giudiziario, ricordando come una limitazione dell’istituto della sospensiva offra il fianco alle censure della Corte costituzionale e anche della Corte di giustizia Ue, già intervenute sul problema. Tant’è che nel canovaccio citato da Renzi non si parla di limitazione della sospensiva, ma di tempistiche meno aleatorie, Così, in caso di appalti l’udienza di merito andrebbe fissata entro 30 giorni dall’ordinanza di sospensione cautelare. Poiché il termine è già quello (articolo 119, comma 3, del codice del processo amministrativo), si deve pensare che la misura, ora ordinatoria e pertanto applicata dai tribunali con una certa elasticità, diventerà perentoria.
Inoltre, per fare in modo che lo strumento della sospensiva non si trasformi in un modo per dilazionare il contenzioso, si inaspriscono le sanzioni. In realtà, l’intento più generale del Governo è quello di introdurre filtri più efficaci contro tutte le liti temerarie. I vincoli già esistono nel codice – sanzione pecuniaria non inferiore al doppio non superiore a cinque volte il contributo unificato (articolo 26, comma 2) – ma ora sono applicati in maniera blanda. Anche in questo caso ci si deve, dunque, aspettare un giro di vite.
Infine, i tanto discussi incarichi extra dei magistrati di Tar e Consiglio di Stato. Limitati ormai da tempo i ricchi arbitrati restano comunque una serie di attività (spesso fonte di significativi arrotondamenti della non magra retribuzione) che le toghe continuano a svolgere. Anche qui Renzi ha promesso di darci un taglio.
4) GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA Scuola di formazione unica, prefetture ridotte a 40
Accorpamenti, riduzioni, tagli, razionalizzazioni, centrali uniche. Nella campagna “sforbicia Italia” che il premier Matteo Renzi ha indicato come una dei tre assi su cui si muoverà la riforma della Pa ci sarà un po’ di tutto. A cominciare dallo sfoltimento delle prefetture. Che, a detta di Matteo Renzi, dovrebbero passare dalle 106 attuali a 40: una per ogni capoluogo di regione più in presidio nelle zone ad alto tasso di criminalità.
Se realizzata, la riduzione delle prefetture sarebbe un evento storico visto che quasi tutti gli ultimi esecutivi le avevano messe nel mirino. Salvo poi puntualmente ripensarci. Come del resto è avvenuto per la riorganizzazione delle altre amministrazioni periferiche dello Stato. Che tornano ora nel mirino. A detta del presidente del Consiglio infatti l’intervento di potatura della burocrazia passerà anche dal taglio delle sedi provinciali della Ragioneria generale dello Stato o dell’Istat e dalla riunificazione in un unico soggetto di Aci, Pra e motorizzazioni.
Tra le riunificazioni spicca anche quella delle scuole di formazione. A oggi sono ancora cinque: la Scuola superiore di economia e finanze, quella della pubblica amministrazione, quella dell’amministrazione locale, quella dell’Interno e l’istituto diplomatico Mario Toscano. Strutture simili che moltiplicano per cinque spese di funzionamento, stipendi per i docenti e per i dirigenti e magari anche affitti per le sedi (su cui si veda anche Il Sole-24 Ore del 26 marzo scorso). In futuro, a detta del presidente del Consiglio, dovrebbero diventare una sola.
Lo stesso processo potrebbe interessare gli enti di ricerca. Che dagli oltre 20 attuali passerebbero a uno o più centri di eccellenza. Contemporaneamente sia le autorità portuali sia le authority potrebbero essere razionalizzate. Per una di loro (la Covip) in vista c’è addirittura la soppressione. Se così fosse le sue funzioni passerebbero alla Banca d’Italia.
Altro tema cruciale gli acquisti di beni e servizi. Qui l’idea è di spingere sul terreno delle centrali uniche di committenza. Tanto al centro, ad esempio per le forze di polizia, quanto in periferia, vale a dire nei piccoli comuni e nelle amministrazioni provinciali svuotate dalla recente riforma Delrio.
5) TRASOARENZA E INNOVAZIONE In un anno ogni cittadino avrà il suo Pin
Il riordino della pubblica amministrazione passa anche dalla trasparenza e dagli open data. Intesi nel senso più ampio del termine.
Il primo atto dell’attività di semplificazione e di digitalizzazione che il governo Renzi conta di mettere in campo sarà l’attribuzione di un’identità digitale unica a ogni cittadino. Che avrà dunque un Pin unico per accedere a tutti i servizi pubblici. Superando così l’attuale frammentazione tra procedure, linguaggi e sistemi informatici. Ma la strada per arrivarci si annuncia lunga per ammissione dello stesso presidente del Consiglio: «Il Pin unico ha un tempo di attuazione in via definitiva di almeno un anno – ha spiegato Matteo Renzi– non lo fai dalla mattina alla sera». Si comincerà a giugno con le prime sperimentazioni. Anche se il capogruppo di Fi alla Camera ed ex ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, è già intervenuto per stigmatizzare una misura che «rischia di provocare una tale confusione che serviranno diversi anni per ritrovare un ragionevole orientamento».
Oltre al Pin unico per i cittadini, nella lettera che i dipendenti pubblici riceveranno nelle prossime settimane, alla voce open data, sono indicate altre sette misure. Tra cui la dematerializzazione dei documenti amministrativi e la loro pubblicazione in formato aperto
Accanto agli interventi di trasparenza vera e propria dei dati in possesso delle amministrazioni pubbliche, come potrebbe essere quello di mettere online tutte le informazioni contenute nel Siope e di unificare e rendere interoperabili le banche dati di enti e società partecipate, c’è anche una spinta sulla tracciabilità delle risorse gestite dai sindacati, che saranno chiamati a rendicontare sul web ogni spesa.
Nell’elenco sono indicati anche alcuni settori da semplificare per disboscare una giungla burocratica di autorizzazioni e permessi che solo sulle Pmi pesa per 31 miliardi. Si parte dall’unificazione e standardizzazione della modulistica in materia di edilizia ed ambiente e, passando per la «concreta attuazione del sistema della fatturazione elettronica» per tutte le Pa, si arriva all’accelerazione della riforma fiscale e delle relative misure di semplificazione.
Il Sole 24 Ore – 1 maggio 2014