Le due iniziative di politica economica del governo che hanno finora attratto maggiore attenzione prevedono un trasferimento di circa 80 euro mensili ai lavoratori che guadagnano di meno, e la liberalizzazione nell’uso dei contratti di lavoro a tempo determinato. Questi proveedimenti sono stati molto criticati perché non risolvono, o forse addirittura aggravano, certi problemi strutturali dell’economia italiana che da ormai tanti anni gli economisti indicano come prioritari.
Chi dice che questi interventi non costituiscono il tipo di riforma strutturale di cui il mercato del lavoro ha bisogno dice il vero. Ma questo non significa che non siano utili ad affrontare altri problemi, problemi che forse in questo momento sono più urgenti.
Occorre pensare all’Italia come a un malato che ha due malattie: una cronica e una acuta. La malattia cronica è l’accumulo di rigidità e debolezze strutturali di cui gli economisti parlano da almeno 15 anni: regolamentazione dei mercati del lavoro e dei beni e servizi, struttura e livello delle tasse, finanza pubblica, scuola, infrastrutture, meritocrazia, ecc. I sintomi di questa malattia sono la (quasi) totale mancanza di crescita nei dieci anni che hanno preceduto il 2008.
La malattia acuta è la tremenda contrazione della domanda (esterna e interna) dovuta alla crisi finanziaria del 2008 e poi alla crisi dell’euro. Contrazione della domande esterna a causa della crisi globale, e contrazione della domanda interna a causa dell’aumento micidiale dei tassi di interesse e delle politiche di austerità che i vari governi hanno dovuto mettere in atto. Se la malattia cronica ha causato una mancanza di crecita nel Pil, quella acuta ha causato un crollo nel Pil (oggi quasi 10% al di sotto del livello del 2008!). Se la malattia cronica ha causato un elevato tasso di disoccupazione strutturale, quella acuta ha causato un gravissimo aumento ciclico della disoccupazione. Ricordiamoci che nel marzo 2007 la discoccupazione in Italia era al 6% e oggi supera il 12%!
Quando un paziente si presenta con una condizione cronica, che lo uccide lentamente, e una acuta, che lo sta uccidendo in questo momento, credo sia buona prassi occuparsi prima della crisi acuta. È in questo senso che vanno interpretate non solo le specifiche decisioni, ma anche lo spirto generale e lo stile del governo. In questo momento di gravissima crisi l’operato del governo non va giudicato tanto in termini della rimozione delle rigidità strutturali, ma sulla misura in cui riesce a rivitalizzare la domanda interna.
Da questo punto di vista, gli 80 euro hanno senso, perché sono essenzialmen-
7 Riflazione te un’operazione di redistribuzione da consumatori con una bassa propensione al consumo a consumatori con un’alta propensione al consumo. La liberalizzazione dei contratti a tempo determinato dovrebbe incoraggiare almeno qualche impresa ad assumere, sia pur temoraneamente, qualche giovane in più. È vero che questo non fa nulla per scalfire il terribile problema della dualità del mercato del lavoro. Ma intanto se uno non ha lavorato per due anni e riesce ad avare un contratto anche per pochi mesi, può essere una ciambella di salvataggio importante, e soprattutto può aiutare a dare uno stimolo alla domanda interna.
Più in generale, il forsennato attivismo del presidente del Consiglio, che può apparire a tratti frutto di improvvisazione e velleità, va intepretato come un tentativo di cambiare la psicologia di consumatori e investitori italiani, più che un concreto programma di governo. Cioè di renderli un pochino più ottimisti e così sospingere la domanda interna.
Naturalmente c’è un elemento di disperazione in questi provvedimenti, e in questo affannoso agitarsi. Le vie maestre allo stimolo della domanda sarebbero l’espansione fiscale e un’ancor più aggressivo accomodamento monetario (in particolare con l’intento di svalutare l’euro), ma entrambe sono difficili visti le costrizioni di bilancio e gli equilibri all’interno della Bce. È per questo che il governo è forzato a intraprendere questi giochini redistributivi e a questi tentativi di riflazione per via psicologica. Ma visto lo spazio di manovra quasi inesistente, la strategia del governo è ben comprensibile e, a mio giudizio, condivisibile.
Ciò che invece sorprende nel dibattito italiano è che tanti critici insistano a giudicare l’operato del governo esclusivamente sul suo impatto sulla malattia cronica. Ma se il medico ignorasse quella acuta il paziente potrebbe morire ben prima di riportare alcun beneficio dalle sue cure.
Il Sole 24 Ore – 13 maggio 2014