Più della tecnica e della preparazione “sulla carta”, le doti direttive e comportamentali, con la valorizzazione di uno stile di leadership e dei contatti relazionali. E quanto emerge dall’analisi dei profili di competenze ideali illustrata dalla ricerca Cerismas presentata in queste pagine, che nella sezione finale va a scandagliare l’importanza attribuita dai direttori generali a differenti tipologie di capacità nel ricoprire l’incarico.
Non “quello che sono”, dunque, ma “quello che vorrei essere” e che ogni manager che ricopra il mio incarico secondo me dovrebbe diventare. Partendo da una base di “ottimismo” e di fiducia in se stessi che probabilmente incide nella descrizione dell’identikit ideale.
Quattro le aree di riferimento su cui ai manager è stato chiesto di esprimersi: capacità direttive, concettuali, comportamentali e competenze. Ognuna declinabile in una serie di caratteristiche, come schematizzato nel grafico in pagina. «I risultati – spiegano gli autori – mostrano che i top manager intervistati considerano fondamentali soprattutto le capacità direttive e comportamentali, rispetto a quelle meramente tecniche e concettuali. Nello specifico, le sotto-aree che hanno ottenuto alti punteggi sono:
• nell’ambito delle competenze, quelle gestionali (60%), a scapito di quelle tecnico-professionali;
• nell’ambito delle capacità comportamentali, soprattutto quelle relative alla gestione dei rapporti interpersonali (32%) e di negoziazione (24%). A seguire, doti di comunicazione e di negoziazione;
• nell’ambito delle capacità direttive, quelle di leadership (38%). A seguire, quelle decisionali (26%), di integrazione (19%) e imprenditoriali (17%);
• nell’ambito delle capacità concettuali, quelle di sintesi (31%), di problem solving (27%), di apprendimento (22%) e logico-analitiche (20%). «È confermato quindi – sottolineano ancora Cicchetti, Mascia, Gabutti e D’Amico a conclusione della loro indagine sul performance management nelle aziende sanitarie – l’orientamento a un profilo che deve essere in grado di gestire le relazioni, assumendo comportamenti innovativi attraverso la persuasione dei collaboratori, gestendo in modo efficace il tempo a disposizione». Flessibilità e creatività sono doti da coltivare, dunque. Non a caso, uno dei capitoli dell’indagine è dedicato al fattore creatività: un grafico su creatività percepita e strumenti implementati per facilitare il proprio lavoro creativo, riporta i punteggi calcolati per media aziendale. Queste le conclusioni a cui giungono gli autori della ricerca:
• tutte le aziende hanno un livello simile di strumenti implementati per facilitare il lavoro creativo;
• sia i punteggi che riguardano la creatività percepita sia quelli che riguardano gli strumenti implementati sono sempre a un punteggio superiore al livello medio, a eccezione di un caso in cui il punteggio raggiunto è esattamente 5;
• si può intuire che nelle aziende sanitarie in questione la creatività sia effettivamente facilitata come metodologia di lavoro. Ciononostante, si può notare come i profili intervistati si percepiscano tendenzialmente più creativi di quanto poi, effettivamente, siano riusciti a implementare strumenti che favoriscano tale tipo di lavoro. «Questo dato, ovvero questa creatività percepita così elevata, si collega bene con la forte personalità dei direttori generali, che deriva dall’avere un “locus of control” interno: ciò suggerisce che i direttori abbiano un’autostima decisamente elevata», è la conclusione.
Il Sole 24 Ore sanità – 28 gennaio 2014