Paolo Baroni. Si potrebbe dire abbiamo scherzato, oppure abbiamo sbagliato. Sta di fatto che con la manovra al vaglio della commissione Bilancio Camera su Province e Camere di Commercio si innesta un mezzo dietrofront. Le Province, private di buona parte dei trasferimenti in attesa della loro abolizione (che poi però con la bocciatura del referendum non è più andata in porto) e svuotate di gran parte del personale, dal prossimo anno potranno infatti tornare ad assumere. In maniera tale da poter ricoprire tutte quelle funzioni che nel frattempo sono rimaste sguarnite e garantire così «un ottimale esercizio delle funzioni fondamentali».
In base ad un emendamento approvato ieri dal 2018 Province e Città metropolitane potranno procedere ad assunzioni a tempo indeterminato nei limiti della spesa utilizzata per il personale che «è cessato di ruolo nell’anno precedente» e a patto che siano privilegiate le attività in materia di viabilità e edilizia scolastica».
La novità sulle Camere di commercio non è da meno. Dopo che la riforma del 2016 che ha fatto partire il riordino anche di questi enti aveva dimezzato l’importo del diritto camerale, in pratica la tassa di iscrizione versata ogni anno dalle imprese, adesso (ad un giorno di distanza dalla sentenza della Consulta che definisce illegittimo il relativo decreto) viene innestata la retromarcia. Una mossa che tra l’altro favorisce non degli enti più virtuosi ma di quelli meno efficienti e più spreconi. Le Camere di commercio potranno infatti prevedere l’aumento del diritto annuale fino ad un massimo del 50%. L’incremento potrà essere stabilito dalle Camere di commercio «i cui bilanci presentano squilibri strutturali in grado di provocare il dissesto finanziario». Unico filtro quello del ministero dello Sviluppo economico che su richiesta dell’Unioncamere «valutata l’idoneità» dei piani pluriennali di rientroconcordati con le Regioni.
Ok al Salva-Napoli
Nella manovra sono stati poi inseriti nuovi fondi a favore degli enti locali, tra cui 375 milioni destinati alle Regioni, viene dato via libera alla possibilità di usare le privatizzazione per ridurre i debiti e alla stabilizzazione dei precari. Ai comuni in predissesto, ad iniziare da quello di Napoli già finito nel mirino della Corte dei Conti, viene poi concesso più tempo (sino a 20 anni ,in base alla gravità della situazione) per ripianare gli squilibri finanziari.
Ape social
Via libera all’emendamento proposto dal governo che recepisce l’intesa con Cisl e Uil sull’Ape social. La platea dei lavoratori gravosi esentati dall’aumento dell’età pensionabile a 67 anni che scatterà nel 2019 sale così da 11 a 15 categorie. L’anticipo viene poi concesso anche ai parenti e affini, fino al secondo grado, che assistono un disabile. Mentre le donne con figli potranno anticipare l’uscita dal lavoro di un anno per ogni figlio (limite massimo due anni).
Vitalizi senatori
Dopo che nei giorni scorsi l’argomento è stato espulso dalla legge di Bilancio per estraneità per materia, al Senato potrebbero arrivare presto novità sui vitalizi. Visto che per questioni di regolamento non è più possibile portare in aula la legge Richetti già votata alla Camera l’orientamento del presidente Grasso a questo punto sarebbe quello di modificare il regolamento interno introducendo il contributo di solidarietà triennale già in vigore da maggio a Montecitorio. Quattro gli scaglioni applicati: taglio del 10% per i vitalizi compresi tra 70 e 80mila euro lordi l’anno, del 20% fino a 90mila, del 30% fino a 100mila e del 40% per quelli superiori a 100mila. A decidere sarà mercoledì l’Ufficio di presidenza.
La Stampa – 15 dicembre 2017