«Va fatta in stabilimenti separati da quelli dei formaggi». Dal 30 giugno le aziende devono scegliere: monta la protesta
I produttori di mozzarella di bufala campana — utilizzando un’espressione tacciabile di conflitto d’interessi culinario — la chiamano «polpetta avvelenata». Quella polpetta è una legge per la quale «la produzione della mozzarella di bufala dop deve essere effettuata in stabilimenti separati da quelli in cui ha luogo la produzione di altri tipi di formaggi». E adesso un decreto attuativo, pubblicato giovedì scorso sulla Gazzetta Ufficiale, fissa per il 30 giugno il termine entro il quale è necessario indicare lo stabilimento nel quale produrre solo quella mozzarella, pena la perdita del marchio dop. Il risultato? La stragrande maggioranza degli imprenditori (che non possono consentirsi due stabilimenti) ripiegherà sulla produzione di mozzarella generica. Un colpo letale al mercato della bufala dop, prima denominazione nel Sud, quarta in Italia, un comparto che vale da solo 500 milioni di euro di fatturato.
LA LAVORAZIONE – Il motivo che costringerebbe i produttori a una scelta letale per la mozzarella a denominazione di origine protetta va ricercato nelle norme che regolano le modalità di lavorazione. I prodotti che godono del marchio europeo, infatti, devono rispettare un disciplinare di produzione. Che, solo nel caso della mozzarella di bufala campana dop, pone un vincolo stringente, cioè l’obbligo di trasformare tutto il latte in formaggio entro 60 ore dalla prima mungitura. Un’impresa quasi impossibile, e per capirlo c’è da spiegare — per sommi e non esaurienti capi — come funziona la lavorazione. La mozzarella di bufala viene prodotta con il latte di due mungiture, una della sera, l’altra della mattina. Dovendo attendere il tempo che trascorre tra la prima e la seconda mungitura, si perdono già 12 delle 60 ore. Quando poi la mattina le due mungiture (quella notturna e quella diurna) arrivano nello stabilimento per la lavorazione, la produzione è già partita, e quindi il latte viene utilizzato per quella del giorno successivo. Morale: restano appena 24 ore di tempo per utilizzare tutto il latte, considerando che in quella giornata gli ordini possono non essere sufficienti e che offerta e domanda spesso non s’incontrano, perché le bufale producono più latte d’inverno ma i consumatori vogliono più mozzarelle d’estate. Cosa fare dunque del latte pregiato dop che avanza, 70.000 litri solo l’anno scorso? I produttori, pur di non gettarlo, lo «sacrificano» per fare mozzarella di latte di bufala (un prodotto non dop che ha ovviamente un diverso valore sul mercato) e ricotta di bufala. Insomma, si «svaluta» il latte per cercare di utilizzarlo.
L’ARTICOLO – Il 30 dicembre 2008 (il ministro delle Politiche agricole a quel tempo è Luca Zaia, Lega) viene però varata una legge, la numero 205. Che, all’articolo 4-quinquiesdecies recita: «A decorrere dal 1 gennaio 2013 la produzione della mozzarella di bufala campana, registrata come denominazione di origine protetta, deve essere effettuata in stabilimenti separati da quelli in cui ha luogo la produzione di altri tipi di formaggi. Al fine di consentire alle aziende interessate un’adeguata programmazione delle rispettive attività, il Ministro delle politiche agricole provvederà a definire le modalità per l’attuazione». Quell’attuazione, poi, verrà sempre rinviata. Fino a quel decreto di giovedì che fissa la data del 30 giugno.
LA SCELTA – Cosa accadrà adesso? Antonio Lucisano, direttore del Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana dop, parla di norma «assurda e probabilmente incostituzionale» e spiega: «I produttori sono quasi tutti piccoli imprenditori che non avranno mai la possibilità di raddoppiare gli stabilimenti. Dunque dovrebbero produrre solo mozzarella di bufala dop, ma con l’attuale disciplinare — che stiamo tentando invano di cambiare da un anno e mezzo — dovrebbero buttare via il latte in esubero, non potendolo più utilizzare per mozzarella generica o ricotta. Un’operazione antieconomica, che spingerà quasi tutte le aziende a optare per la produzione non dop, così potranno usare tutto il latte per farci formaggi o ricotte. È la fine del marchio d’eccellenza della mozzarella di bufala». Restano solo le polpette. Avvelenate?
Gianluca Abate – Corriere del Mezzogiorno – 26 marzo 2013