L’Italicum verso il via libera in prima lettura alla Camera. Senza le quote rosa, e con i malumori all’interno del Pd. Nella seduta di oggi l’Aula di Montecitorio ha approvato l’emendamento che rappresenta il nocciolo duro dell’Italicum e contiene i pilastri del patto siglato tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi: le soglie di sbarramento, il premio di maggioranza e i criteri e algoritmi per la ripartizione dei seggi. Il sì in prima lettura, ha spiegato il relatore Francesco Paolo Sisto, potrebbe arrivare nel pomeriggio.
Al patto Renzi-Berlusconi mancano 101 voti
Il patto Renzi- Berlusconi ha tenuto anche se, fatte salve le assenze, giustificate e non, il cuore dell’Italicum é passato con almeno 101 voti in meno rispetto alla maggioranza che sulla carta sostiene la proposta. I sì sono stati 315, ma se si sommano i numeri minimi dei gruppi parlamentari di Pd (293), Forza Italia (67), Ncd (29) e Scelta civica (27) si arriva a 416. Sono venuti a mancare, quindi, sempre sulla carta, 101 voti.
Sì della Camera a soglie 37 e 4,5%. Premio di maggioranza al 15%
Via libera dei deputati, in particolare, alla soglia di sbarramento al 37% per ottenere il premio di maggioranza; alla soglia del 4,5% di ingresso per i partiti in coalizione e a quella dell’8% per i partiti non coalizzati. Semaforo verde per la soglia del 12% per le coalizioni. Inoltre, viene fissato al 15% il premio di maggioranza e introdotto il criterio del doppio turno di ballottaggio per le due coalizioni (o partiti) che ottengono più voti ma non arrivano né superano la soglia del 37%.
Renzi cerca di mantenere unito il Pd
Renzi ora punta a tenere i democratici uniti. Il giorno dopo la bocciatura da parte dell’Aula della parità di genere nella nuova legge elettorale, un Pd spaccato al suo interno cerca di chiudere la partita a Montecitorio. Poi la parola passerà al Senato.
L’assemblea dei deputati democratici
In mattinata, prima dell’inizio della seduta, è andato in scena il faccia a faccia tra il segretario del Pd e i deputati del partito nella sede romana del Largo del Nazareno. Un’assemblea dei deputati: un nuovo confronto sulla legge elettorale a poche ore dallo strappo sulla parità di genere. Le deputate hanno chiesto che si facesse chiarezza.
Il premier: marcato dissenso da chi ritiene questa legge incostituzionale
Il premier ha respinto l’accusa di una riforma elettorale concordata con Berlusconi. «La legge elettorale che abbiamo votato qui in direzione é diversa da quella che uscirà dal parlamento. Non c’é da mantenere un patto con Berlusconi, ma un impegno che come partito abbiamo preso. C’é un profondo, netto, chiaro e marcato dissenso con chi ritiene questa legge incostituzionale. Non avrei voluto lo stralcio dalla legge elettorale delle norme sul Senato», ha aggiunto.
Renzi ai suoi: il Senato potrà discutere sulle quote rosa
Renzi ha rivendicato i passi fatti da lui personalmente e dal Pd per la parità di genere. La partita sulle quote rosa non è chiusa: «Se ci saranno le condizioni per discutere al Senato di parità di genere, riapriremo la discussione». Sul metodo, secondo il premier «sarebbe positivo che si accelerasse la riforma del regolamento della Camera e si limitasse il ricorso al voto segreto». Renzi ha lanciato un messaggio chiaro ai suoi, in vista del forcing finale per il via libera dell’Italicum alla Camera in prima lettura: «Se qualcuno non vuole votare oggi – è stato l’avvertimento – lo deve spiegare bene fuori da qui». Botta e risposta con Rosy Bindi, che ha annunciato l’intenzione di non partecipare al voto finale alla Camera. «Non posso accettare che mentre il Governo sta preparando 10 miliardi di euro per le famiglie italiane il problema sia il Pd».
Lo strappo sulla parità di genere
Insomma il segretario lavora per far rientrare il dissenso interno e gioca d’attacco, dopo che ieri, nel segreto dell’urna – e dopo la decisione del Governo di rimettersi all’Aula per risolvere la scottante questione delle quote rosa – non sono passati i tre emendamenti bipartisan alla legge elettorale sulla parità di genere. No alla proposta di modifica sull’alternanza delle liste. E per i capilista stop al 50% assegnato per legge alle donne, bocciata anche la soluzione 60-40 per cento. Le deputate Pd, che non hanno potuto contare su almeno una sessantina di voti del loro stesso partito, per protesta hanno lasciato l’Aula.
I franchi tiratori nel Pd
Il Partito democratico aveva sì lasciato libertà di voto, ma si era anche schierato a favore delle quote rosa. Il destino della parità di genere sembrava appeso più alle scelte di Forza Italia: alla vigilia della votazione, si era assistito a un vero e proprio braccio di ferro tra uomini e donne “azzurri”. Invece, il colpo di grazia alla parità di genere è arrivato soprattutto dal “fuoco amico”, dai franchi tiratori del Pd. Trentanove parlamentari uomini del centrodestra hanno chiesto che sugli emendamenti per la parità di genere si votasse a scrutinio segreto. Nella votazione, i sì sono stati 253, quando i deputati del Pd sono 293.
Sui collegi passa la delega al Governo
Ieri il via libera della Camera alla delega al Governo per la definizione dei collegi per un massino di 120. Semaforo verde anche alla norma che prevede le candidature multiple, al massimo in otto collegi diversi. Forza Italia ha ritirato l’emendamento Salva-Lega. Oggi si chiude. Ma il braccio di ferro continuerà nel passaggio al Senato
Il Sole 24 Ore – 11 marzo 2014