Passa per 25 «segnalazioni» di altrettante «criticità» il «tagliando» al decreto Severino (235/2013) annunciato in più occasioni dal presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, e che ieri ha preso corpo in una delibera del Consiglio inviata a governo e Parlamento in vista degli emendamenti al ddl Madia. L’Anac segnala quindi 25 modifiche alla norma su inconferibilità, incompatibilità e poteri di vigilanza, ordine e sanzione dell’Autorità. Spazio anche alla sanità con la proposta di estendere le misure anche ai Direttori di dipartimento, Direttori di distretto, Dirigenti medici di presidio, Dirigenti di struttura complessa, oltre che alle direzioni strategiche. In realtà, il tagliando riguarda il decreto n. 39 del 2013, anch’esso figlio della legge 190/2012 sull’anticorruzione, ma tocca anche il decreto cosiddetto Severino nella parte sulla sospensione degli incarichi degli amministratori locali in caso di condanna non definitiva. L’atto di segnalazione dell’Anac
L’Anac rileva infatti una mancanza di «omogeneità» tra i due testi: il decreto 39 dice che la sospensione dura 5 anni per i reati gravi mentre, per quelli meno gravi, è pari al doppio della pena irrogata; il decreto 235 fa invece un elenco di reati e, a prescindere dalla gravità e dall’entità della pena, fa scattare la sospensione di 18 mesi. «Forse è il caso che il Parlamento ci torni sopra» osserva il professor Francesco Merloni, uno dei quattro consiglieri Anac, in un colloquio con Il Sole 24 ore, escludendo qualunque riferimento ai recenti casi di cronaca (De Magistris e De Luca) non foss’altro perché si tratta di «una criticità rilevata da sempre», fin da quando, a novembre 2014, si è insediata la Commissione di studio incaricata di elaborare una Relazione che sarà depositata a fine giugno e di cui ieri è stata approvata una sintesi con le «segnalazioni» al governo e al Parlamento. «Attenzione alle disparità di trattamento» dice Merloni, precisando che l’Anac «non ha una soluzione in tasca» e quindi spetta al Parlamento dare una «disciplina omogenea» con cui graduare le sanzioni alla gravità del reato. I decreti 39 e 235 «devono essere rivisti insieme» e la logica, secondo l’Anac, è che i funzionari pubblici (politici e amministratori) abbiano regole omogenee. In tal caso, l’eventuale emendamento di maggioranza o di governo che recepisse questa indicazione dovrebbe ampliare la delega prevista dall’articolo 6 del ddl Madia che in questo momento riguarda solo il decreto n. 39.
Il nodo Consulta
Peraltro, i tempi di approvazione della delega e, soprattutto, dei successivi decreti delegati saranno più lunghi, verosimilmente, di quelli entro cui la Consulta si pronuncerà sulla questione di costituzionalità del decreto Severino, sollevata dal Tar Campania e dalla Corte d’appello di Bari (l’udienza è fissata a ottobre). Pertanto, le norme finali dovranno tener conto del verdetto della Consulta. «Insomma, nessuno può dire che l’Anac stia lavorando per qualcuno o per una soluzione specifica» dice Merloni, rinviando al mittente le allusioni formulate in tal senso. «Tra l’altro – aggiunge – fin da quando scoppiò il caso De Magistris, noi, su richiesta di Palazzo Chigi, dicemmo che la sospensione è un istituto assolutamente da salvare. Però, per difenderla, bisogna che la legge sia giusta e le norme il più possibile precise». Lo stesso discorso vale per il reati consumati e per quelli tentati: nel decreto 39 non è previsto anche il caso del “tentativo”, a differenza del decreto 235. E anche qui occorre un’omogeneizzazione. Anac, nell’atto di segnalazione, si limita solo dell’accesso agli incarichi amministrativi – ovvero quelli sottoposti alla sua vigilanza – ma non manca di indicare al legislatore che una migliore disciplina del conflitto di interessi confinata solo a dirigenti e funzionari sarebbe «monca» e che si dovrebbe «mettere mano anche a regole più stringenti sulle cariche politiche, istituzionali e nei partiti politici».
Inconferibilità solo locali e estensione ad altri dirigenti Asl
Tornando alle criticità sollevate sul decreto 39, Anac indica, in particolare, la mancata disciplina delle inconferibilità a livello nazionale, con grave disparità di trattamento con i livelli regionali e locali, nonché la sua limitazione alle sole figure apicali delle Asl. Per quanto riguarda la sanità la proposta numero 4 è esplicita e prevede di estendere il regime delle inconferibilità e incompatibilità nelle aziende sanitarie anche al Direttore di dipartimento, Direttore di distretto, Dirigente medico di presidio, Dirigente di struttura complessa.
“La limitazione del regime delle inconferibilità (e incompatibilità) – si legge – alle tre figure apicali delle aziende ospedaliere è stata determinata dall’attribuzione in capo al Direttore generale (assistito dal Direttore sanitario e dal Direttore amministrativo) di tutti i compiti, di indirizzo e gestionali. Nella realtà dei fatti i modelli organizzativi divergono e quasi ovunque numerosi incarichi comportano, se non la diretta assunzione di decisioni amministrative, un determinante contributo alla decisione finale. In sostanza i profili di imparzialità e di prevenzione dei conflitti di interesse devono essere garantiti almeno per le seguenti posizioni (salve ulteriori precisazioni): Direttore di dipartimento, Direttore di distretto, Dirigente medico di presidio, Dirigente di struttura complessa. Da valutare anche la posizione del medico convenzionato (oggetto di attenzione da parte dell’ANAC). A questo fine, sul quale si registra il pieno consenso di AGENAS (e del Ministero della salute), la delega della legge n. 190 deve essere espressamente integrata”.
Inoltre l’Autorità invita ad “occuparsi delle inconferibilità e incompatibilità delle cariche politiche conferite per nomina (membri del Governo, delle giunte regionali e locali) in quanto in questi casi i potenziali conflitti di interesse potrebbero essere individuati più facilmente (si pensi alla ipotesi della nomina come Ministro della salute o di assessore regionale alla sanità di un soggetto proprietario di case farmaceutiche)”
Con il cosiddetto «tagliando» si dovrebbero superare, poi, i problemi applicativi fin qui incontrati per gli enti o le società controllate e l’incertezza che ancora persiste nella distinzione tra amministrazione controllante ed enti controllati: «Pensiamo ai casi di dirigenti dell’Economia nominati nei consigli di amministrazione» esemplifica Merloni. Altro punto sollevato riguarda il cosiddetto “periodo di raffreddamento” , ovvero il tempo (da 1 a 3 anni, secondo la proposta) che deve trascorrere, per chi si trovi in una situazione di inconferibilità, prima di accedere all’incarico amministrativo. Anac chiede infine un ruolo più attivo per le sanzioni da far scattare nei confronti delle amministrazioni che hanno effettuato nomine nulle perchè in contrasto con la disciplina sulle inconferibilità o le incompatibilità: «Attualmente il potere sanzionatorio è solo nelle mani dell’amministrazione interessata e questo ci appare molto debole. Noi possiamo intervenire, in via sostitutiva, con sanzioni pecuniarie o interdittive con effetto immediato – spiega Merloni – e con una giurisprudenza univoca, che sarebbe più tempestiva ed efficace».
Il Sole 24 Ore e Quotidiano sanità – 11 giugno 2015