Con una nota del 4 febbraio, a firma del direttore generale Giovanna Lamarca, indirizzata alla Regione Veneto e ai direttori dei servizi veterinari Asl, l’Enpav interviene in merito all’applicabilità o meno del contributo integrativo del 2% nella riscossione da parte dei veterinari pubblici. In particolare l’Ente fa riferimento alla nota che la Regione ha trasmesso alle Asl e dove, richiamando il testo della sentenza della Corte di Cassazione n. 258 del 9 gennaio 2009, si legge che: “…la maggiorazione del 2% é dovuta soltanto sui corrispettivi percepiti dai veterinari nell’esercizio di attività professionale in regime di autonomia, ivi compresa quella intra ed extra moenia esercitata dai veterinari che siano lavoratori dipendenti, e non già anche sui corrispettivi tariffari dovuti direttamente agli enti pubblici per l’erogazione di prestazioni istituzionali rese attraverso l’impiego di veterinari dipendenti…”. Secondo l’Ente invece c’è l’obbligo di applicare il 2% Enpav per le prestazioni dei veterinari a qualunque titolo operanti nel proprio ambito.
Il direttore Lamarca ribadisce, invece, che l’articolo 12 della legge 12 aprile 1991, n. 136, “Riforma dell’Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Veterinari”, disciplina la materia del contributo integrativo del 2% Enpav, stabilendo che detta maggiorazione debba essere applicata sui corrispettivi dovuti per tutte le prestazioni rese dai veterinari iscritti agli Albi professionali, siano essi liberi professionisti ovvero dipendenti di enti pubblici o privati, nonché legati a detti enti da un vincolo diverso dalla subordinazione”.
“In quest’ultimo caso – continua la nota – il fruitore della prestazione deve corrispondere all’Amministrazione datrice di lavoro sia il compenso sia la maggiorazione del 2% spettante all’Enpav. L’Amministrazione, dunque, riscuote sia il corrispettivo dell’attività resa dal veterinario a favore del richiedente la prestazione, sia la relativa maggiorazione che dovrà poi versare all’Enpav. Il contributo del 2%, infatti, seppur gravando i fruitori della prestazione, attiene all’attività professionale resa dalla Amministrazione attraverso i propri veterinari dipendenti, ossia ai corrispettivi dalla stessa incassati. Il datore di lavoro, all’atto della fatturazione delle prestazioni richieste dagli utenti, deve applicare la maggiorazione a titolo di contributo integrativo e disporne successivamente il versamento all’Enpav”.
E aggiunge: “L’Amministrazione svolge esclusivamente la funzione di tramite nella riscossione di somme che vengono poi riversate all’Enpav. Nessun onere economico sussiste in capo alle Amministrazioni medesime, che sono piuttosto investite del ruolo di sostituti nella esazione di contributi attinenti ad una gestione di previdenza obbligatoria. Premesso quanto sopra, si eccepisce l’estensione ad altre Amministrazioni, nella fattispecie alle Asl della Regione Veneto, delle sentenze della Suprema Corte pronunciate nell’ambito del contenzioso avviato dall’Enpav avverso le Asl della Regione Emilia Romagna e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna. Infatti, poiché è pacifico che il pronunciamento della Suprema Corte faccia stato esclusivamente tra le parti, resta fermo per tutte le altre Amministrazioni l’obbligo di applicare il 2% Enpav sui corrispettivi per l’attività professionale e di certificazione resa da veterinari a qualunque titolo operanti nel proprio ambito”.
“Peraltro, l’orientamento affermato dalle sentenze sopra richiamate – conclude Lamarca – secondo il quale la contribuzione integrativa all’Enpav risulterebbe dovuta soltanto sui corrispettivi percepiti dai veterinari nell’esercizio di attività professionale e non già anche sui corrispettivi tariffari dovuti direttamente agli enti pubblici per l’erogazione di prestazioni istituzionali rese attraverso l’impiego di veterinari dipendenti, potrebbe essere altresì contestata per contrasto con i principi comunitari in materia di concorrenza, determinando un’evidente posizione di favore nei confronti del regime pubblico di prestazione dei servizi, il quale risulterebbe avvantaggiato dall’esonero dei costi economici connessi all’adempimento dell’obbligazione contributiva in esame. Si realizzerebbe infatti un’evidente disparità di trattamento sia dal punto di vista del veterinario che eroga la prestazione, sia da quello dell’utente finale che si vede richiedere, oltre al corrispettivo anche la maggiorazione, nel caso in cui si rivolga ad un libero professionista, mentre nell’ipotesi in cui ricorra ad un veterinario operante ad esempio nel servizio veterinario di una Asl, corrisponderà esclusivamente il compenso richiesto per l’erogazione della prestazione medesima senza alcuna maggiorazione”.
Quindi, Enpav invita formalmente la Regione Veneto ad impartire direttive alle Asl per l’applicazione del contributo integrativo del 2% nel senso sopra richiamato.
6 febbraio 2014 – riproduzione riservata