La Stampa. Sarà anche il caso di non creare allarmismi ma ieri il Monkeypox, meglio noto come «vaiolo delle scimmie» ha fatto altre due vittime al di fuori del continente africano dove è endemico da anni: una in India e un’altra in Spagna, dove le vittime sono così due, mentre salgono a 11 quelle totali nel resto del pianeta. In Italia il numero dei contagi è arrivato a quota 479, dei quali 216 concentrati in Lombardia e 101 nel Lazio.
E se l’infettivologo Matteo Bassetti è stato accusato nei giorni scorsi di aver stigmatizzato la malattia associandola esclusivamente al mondo gay, ora quella stessa comunità sembra accogliere senza polemiche l’appello del professore a vaccinare prima possibile omosessuali e bisessuali. Perché i dati dell’Oms parlano chiaro: il 99% dei contagi riguarda i maschi e il 98% uomini che hanno rapporti con altri uomini, nel 95% dei casi attraverso i rapporti sessuali che facilitano la rottura delle vescicole disseminate sulla pelle, soprattutto intorno a genitali e zona perianale. Questo non significa però etichettare l’infezione come «malattia dei gay», visto che, ricordano lo stesso Oms e autorevoli scienziati, il contagio può avvenire attraverso qualsiasi tipo di contatto molto stretto. Solo che, così come fu per l’Aids, i focolai in questo momento si sono accesi proprio negli ambienti gay ed è quindi normale che in quelli al momento circoli, prima di sconfinare poi su tutta la popolazione. «Lo stigma è pericoloso come la malattia», ha ammonito il direttore dell’Oms Teodros Adhanon Ghebreyesus, preannunciando il cambio di nome della malattia, che nulla ha a che fare con le scimmie.
I conteggi ufficiali parlano di oltre 23mila casi diagnosticati in 88 Paesi, «ma staremo a 120mila, perché quelli diagnosticati sono solo la punta di un Iceberg» afferma Bassetti. «Il problema -aggiunge- è stato quello di aver sottovalutato la malattia, oggi siamo davanti a un’infezione molto preoccupante, che lascia strascichi invalidanti per molto tempo, anche due mesi». E per dare più peso alle sue parole il direttore delle malattie infettive al San Martino di Genova pubblica su Facebook alcune foto tutt’altro che rassicuranti. «Ci sono già stati i primi decessi, ma ne vedremo molti altri», pronostica il professore prima di lanciare l’appello «ad offrire subito a omosessuali e bisessuali maschi il vaccino. Non è più il caso di continuare con atteggiamenti ideologici o di censura». Parole rilanciate questa volta senza polemiche anche dal portale Gay.it, che una frecciata la lancia invece alle nostre autorità sanitarie «che non hanno ancora preso decisioni circa la vaccinazione sul target a rischio», contrariamente a quanto avvenuto in Francia, Germania e Usa, dove la vaccinazione è già iniziata.
Ma il problema è che di vaccino al momento ce n’è ben poco, visto che a produrre quello contro il vaiolo umano, efficace all’85% anche contro quello delle scimmie, è solo la danese Bavarian Nordic. Gli Usa si sono mossi per primi acquistandone 800mila dosi, la Commissione Ue ne ha opzionate 600mila e di queste circa 70mila spetterebbero all’Italia in base al peso della nostra popolazione, ma al momento ne sono arrivate solo 5.200, ferme nei magazzini in attesa che si decida chi ne abbia diritto per primo. Secondo l’Oms servirebbero fra i 5 e 10 milioni di dosi per proteggere le persone a rischio. Che si moltiplicheranno quando il virus inizierà a diffondersi, senza più distinzioni di genere e di orientamento sessuale. —