Mancano le regole, impossibile abbatterli nelle aree protette: intanto gli animali si moltiplicano a dismisura. Allegri: «La Provincia non ha la competenza, il Parco l’avrebbe ma non ha gli strumenti mentre la Regione li ha ma serve tempo»
I cinghiali devastano boschi, pascoli e colture in Lessinia e non aspettano i tempi della burocrazia: anche la provocatoria mozione presentata un mese fa in prima e quarta commissione dal consigliere provinciale e sindaco di Erbezzo Lucio Campedelli che la intitolava: «In Lessinia vogliamo gli allevatori o i cinghiali?», chiedeva al Consiglio di esprimersi con un’azione decisa e forte. Silvia Allegri, nella doppia veste di consigliere provinciale e di vicepresidente del Parco, si è presa tutto il tempo per ricostruire, carte alla mano, la vicenda e per dire che «la Provincia non ha competenza in materia; il Parco l’avrebbe ma non ha gli strumenti; la Regione li dà ma serve tempo per seguire tutto l’iter». In pratica la caccia in deroga dentro i confini del Parco, per cancellare la presenza dei cinghiali, considerati specie non autoctona, perché introdotta in maniera illegale, non può essere consentita in quanto manca la normativa specifica che ne autorizzi la pratica. «La caccia in area protetta è vietata anche sui cinghiali», precisa Allegri, «sebbene dal 2007 ad oggi si sia assistito a una crescita esponenziale degli esemplari e a un aumento particolare negli ultimi tre anni». La caccia in area Parco, possibilità prevista in caso di squilibri ecologici, è regolamentata dalla legge 394/91, entrata in vigore un anno dopo l’istituzione Parco della Lessinia, dove invece questa possibilità non è contemplata. C’erano 12 mesi per adeguare gli strumenti normativi regionali a quello nazionale, ma lo hanno fatto solo i consigli regionali di Piemonte ed Emilia Romagna. «Le norme ambientali del Parco prevedono i prelievi venatori solo per motivi di studio o dettati dall’autorità sanitaria, mentre lo squilibrio ecologico, in cui rientrerebbe il caso dei cinghiali, non è contemplato dalla normativa vigente», precisa Allegri. Sulla materia si è fatta una cultura ripercorrendo tutte le tappe che hanno portato a questa situazione, partendo dalla lettera dell’assessore provinciale Fabio Venturi del settembre 2011 al presidente del Parco in cui chiede «la stesura di un piano di controllo per dare efficacia agli interventi di prelievo», seguita dalla risposta di Claudio Melotti che conferma di essere in attesa del documento predisposto dagli uffici per inviare la documentazione necessaria all’Ispra, l’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale. Venturi aveva chiesto anche alla Direzione regionale Foreste e Parchi di estendere al Parco della Lessinia il piano di controllo cinghiali della Provincia, ma la risposta era stata negativa. L’ultima lettera è quella del direttore del Parco Diego Lonardoni e dell’assessore Guido Pigozzi, sempre alla Regione, per una modifica del testo della variante parziale che consenta i prelievi faunistici in area protetta, ma la risposta è sempre stata la necessità preventiva del parere dell’Ispra. «La mozione pertanto non è motivata, perché la Provincia non può far nulla, tant’è che lo stesso assessore Venturi si è rivolto al Parco per chiedere di risolvere il problema», conclude Silvia Allegri, disposta a dare tutte le delucidazioni necessarie, fermo restando che la competenza in materia è ormai chiaro che è solo di Regione e Ispra.
L’Arena – 15 marzo 2013