Nella lunga querelle sul glifosato, l’erbicida più usato al mondo, arrivano due segnali in contemporanea. Il primo dalle università della California: tra il 1993 e 2016, nel periodo in cui questo prodotto è stato diffuso assieme alle piante ogm che gli resistono, il tasso di glifosato nel sangue delle cento persone analizzate, scrive la rivista
Jama,
è aumentato di 13 volte. Il secondo dall’Europarlamento, che ieri a larga maggioranza (355 voti favorevoli, 204 contrari e 111 astenuti) ha bocciato la richiesta di prolungare di 10 anni l’autorizzazione dell’erbicida e optando per il divieto immediato di uso domestico e il bando entro il 2022.
È un parere non vincolante per la Commissione: oggi ci sarà la riunione del Comitato dei tecnici, orientati invece sul rinnovo dell’autorizzazione per 5-7 anni. Ma quello dei deputati è comunque un messaggio netto: la fiducia nell’erbicida — considerato “probabilmente cancerogeno” dallo Iarc di Lione, il centro di ricerca dell’Oms, e non cancerogeno dalle due agenzie europee su sicurezza alimentare e sostanze chimiche, l’Efsa e l’Echa — è crollata, anche se si apre un periodo di transizione di 5 anni che molti considerano troppo lungo.
«Non sono state ascoltate le preoccupazioni degli europei» protesta Maria Grazia Mammuccini, portavoce della Coalizione #StopGlifosato che raccoglie 45 associazioni. «La Commissione Ambiente aveva approvato nei giorni scorsi un documento in cui si chiedeva una fase di eliminazione delle scorte, fissata da qui al 2020. Andare oltre questa ipotesi non è accettabile». Sulla stessa posizione i parlamentari del Movimento 5 Stelle: «Il ministro delle Politiche agricole voti contro il rinnovo dell’autorizzazione e si batta per eliminarlo subito».
Opposto il giudizio di Alberto Ancora, presidente di Agrofarma: «Il voto non tiene conto di quanto espresso nei dossier di Echa ed Efsa. Se queste importanti e autorevoli authority venissero smentite dagli Stati membri, si creerebbe un precedente pericoloso». In realtà proprio su questo punto è intervenuto l’Europarlamento: «Per i deputati» sintetizza il comunicato finale «i documenti interni della Monsanto — l’azienda produttrice del Roundup, di cui il glifosato è la principale sostanza attiva — che sono stati resi pubblici, hanno fatto sorgere dubbi in merito alla credibilità di alcuni studi utilizzati dall’Ue. La procedura di autorizzazione comunitaria, inclusa la valutazione scientifica delle sostanze, dovrebbe basarsi unicamente su ricerche indipendenti commissionate dalle autorità pubbliche. Le agenzie dell’Unione europea dovrebbero essere dotate di risorse sufficienti per lavorare in questo modo».
In sostanza viene accolto il principio base della proposta di legge popolare europea che aveva raccolto nei mesi scorsi un milione e 300 mila firme: la valutazione scientifica sulla sicurezza dei pesticidi non può includere studi promossi dalle aziende produttrici. Come invece hanno fatto l’Efsa e dell’Echa attingendo ai documenti Monsanto, mentre lo Iarc ha analizzato solo ricerche pubblicate su riviste scientifiche con il metodo della peer review.
Repubblica – 25 ottobre 2017