La frenata è brusca, tutti i passeggeri del convoglio Europa se ne sono accorti. La locomotiva tedesca ha rallentato d’improvviso: nel secondo trimestre del 2014 il Pil della Germania è sceso dello 0,2%, e dal 2012 è la prima volta che registra un arretramento. Anche i dati del primo trimestre 2014 sono stati ritoccati dall’Ufficio federale di Statistica: dal +0,8% dichiarato in un primo momento, si passa a un +0,7%.
È vero che la crescita di inizio anno era legata al tempo favorevole, che aveva fatto registrare un boom negli investimenti dell’edilizia. Ma il dato di ieri, unito al crollo dell’indice Zew che misura le aspettative economiche, nel complesso evidenzia una battuta d’arresto dell’economia tedesca su livelli che gli esperti non si attendevano. E si affianca alle brutte notizie in arrivo da Parigi, per dipingere uno scenario europeo poco rasserenante, tanto più con l’incognita delle conseguenze sull’economia delle sanzioni contro la Russia.
Anche la Francia ha difficoltà: nel secondo trimestre il Pil è rimasto fermo, esattamente come nel primo. Il ministro delle Finanze Michel Sapin aveva annunciato che il Pil sarebbe cresciuto dello 0,5% su base annua, già “limando” l’1% che era nelle previsioni, ma i dati del secondo trimestre spingono gli economisti a stimare uno 0,3% come proiezione più plausibile.
Parigi, ha detto il ministro, non rispetterà l’obiettivo sul deficit 2014, ovvero supererà il 4% del Pil, a fronte di un target del 3,8%, ma taglierà la spesa pubblica di 50 miliardi nel periodo 2015-2017. Con i due principali motori dell’Eurozona in sofferenza e la terza economia, quella italiana, in recessione, non bastano le buone performance di Spagna e Portogallo (+0.6%). Ed Eurostat segnala la situazione di stallo: nel secondo trimestre dell’anno il Pil complessivo di Eurolandia ha registrato una crescita pari a zero.
Anche la Banca centrale europea ribadisce che la ripresa è fragile e non omogenea, e rivede le sue stime: secondo i tecnici di Francoforte la crescita complessiva su base annua si fermerà all’1%. Insomma, negli ultimi dodici mesi la crescita dell’Eurozona si è fermata allo 0,7%, contro il 3,1% della Gran Bretagna e il 2,4% degli Stati Uniti.
Ma se il ministro Sapin chiede che l’Ue «adattare il ritmo di riduzione del disavanzo pubblico all’attuale eccezionale situazione economica», la Bce chiede ancora una volta il rispetto del patto di stabilità e del limite del 3% per il deficit e, soprattutto, riforme. Ma Draghi conferma che Bce è pronta comunque «a ricorrere anche a strumenti non convenzionali» contro la deflazione.
Repubblica – 15 agosto 2014