di Marco Accossato. Lo studio dell’Alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari “I tagli lineari uccidono la sanità Penalizzeranno le eccellenze”
Nell’Italia della spending review, la scure dei tagli orizzontali imposti alla Sanità metterà in ginocchio le strutture meno virtuose e impoverirà le più efficienti. E un verdetto senza appello quello dell’Alta scuola di Economia e Management dei sistemi sanitari (Altems) che ha messo a confronto costi ed efficienze di dieci ospedali, in gran parte nel Lazio, confrontati con tre grandi strutture extra-regione: le Molinette di Torino, il Sant’Orsola di Bologna e il Careggi di Firenze. Ne emerge una fotografia di un’Italia talmente disomogenea da rendere una minaccia il meccanismo che impone il 5 per cento di riduzione dei costi ovunque, senza distinzioni. In altre parole: «Se si tolgono risorse in modo lineare a tutte le strutture, senza tener conto delle loro performance, si rischia di penalizzare le più efficienti», sostiene il professor Americo Cicchetti, direttore dell’Altems. E a dimostrazione della tesi, porta le conclusioni del suo studio economico-finanziario: uno stesso paziente può costare addirittura il triplo, da un ospedale all’altro. Strutture particolarmente virtuose sulle spese del personale non lo sono affatto sul fronte degli investimenti in beni e servizi, altre esemplari sul costo del personale presentano invece problemi su altre voci di spesa.
Gli ospedali romani messi a confronto sono il Sant’Andrea, il San Filippo Neri, il Policlinico Tor Vergata, il San Giovanni, il San Camillo e il Policlinico Gemelli. L’istantanea scattata dall’Alta scuola di Economia e Management dei sistemi sanitari evidenzia ad esempio che il Gemelli è l’ospedale con un costo per dimesso più basso nel campione (6118 euro a paziente), mentre quello maggiore si riscontra a Torino. Il costo per dimesso del Policlinico Umberto I (8134 euro) è praticamente analogo a quello di Careggi (8433 euro) e del Sant’Orsola (7309 euro) e molto vicino a quello del San Giovanni (7994 euro). Meno «virtuosi», da questo punto di vista, appaiono il San Camillo (10.486 euro) e il Sant’Andrea (9813 euro). In realtà una contestazione allo studio c’è. Sostanziale. Alle Molinette di Torino fanno notare che alcuni dati che confrontano le strutture del Lazio insieme a quelle delle altre regioni non considerano il «peso» delle prestazioni, cioè la gravità dei casi affrontati, mentre i dati «pesati» sono quelli che confrontano solo le strutture di Roma. E alle Molinette il peso medio delle prestazioni ha un valore di «2,42» rispetto al Gemelli dove il «peso» è di «1,03». Dati non paragonabili, secondo la direzione delle Molinette, quelli tra le strutture laziali e le altre extra-regione. Ma restando a Roma emerge in modo chiaro che le aziende pubbliche del Lazio operano in una sistematica condizione di squilibrio tra costi e ricavi. In alcune aziende come ad esempio il San Filippo, il San Giovanni e il San Camillo lo squilibrio si avvicina al 40 per cento. Considerando la complessità dei pazienti dimessi, «il costo più basso per paziente si riscontra ancora al Policlinico universitario Gemelli (5947 euro per paziente), e ciò dipende soprattutto dalla migliore performance nel capitolo «acquisti di beni e servizi» (2076 euro)». La situazione più critica «si registra al San-t’Andrea, con dati analoghi a quelli del San Camillo e del San Filippo Neri». Lo studio non vuole essere una classifica fra migliori e peggiori, ma una base scientifica per dimostrare che se tagliare si deve, la scure non può essere uguale per tutti: «Gli strumenti e gli approcci programmatori che la Regione Lazio, così come tutte quelle in Piano di Rientro, devono ispirarsi ad una nuova logica».
La Stampa di mercoledì 3 aprile 2013