Un milione di licenziamenti in un anno? Non è colpa della riforma Fornero dice il ministero del Welfare ma della recessione. E i legali: impatto devastante sul sistema giudiziario
Il ministero del Lavoro torna sui dati resi noti domenica, spiegando: «Il perdurare della crisi economica non ha consentito alla recente riforma del mercato del lavoro di produrre rapidamente gli effetti previsti, in particolare con riferimento alla auspicata diminuzione del tasso di disoccupazione». E aggiunge: «La modifica degli aspetti normativi dei rapporti di lavoro è purtroppo avvenuta senza il supporto delle risorse economiche necessarie sia per rilanciare i nuovi percorsi di inserimento lavorativo, primo fra tutti l’apprendistato, sia per incidere sull’elevato costo del lavoro». Il ministero ha poi specificato che, in particolare nel quarto trimestre dello scorso anno, su 329.259 licenziamenti, sono stati registrati 257.555 licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (+ 14,8% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente). L’aumento di tale tipologia di licenziamenti coinvolge tutti i trimestri del 2012, anche quelli precedenti all’entrata in vigore della Legge 92, pertanto – conclude il ministero -, si ritiene che l’effetto predominante sia dovuto alla fase negativa del ciclo economico che ha visto molti datori di lavoro costretti a ridurre la forza lavoro che, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo riesce a usufruire degli ammortizzatori sociali». I dati del Sistema informativo delle comunicazioni obbligatorie, che mostrano per il 2012 oltre un milione di licenziamenti, «sono riferiti ai rapporti di lavoro e non ai singoli lavoratori», precisa ancora il ministero ricordando che «pertanto, un lavoratore che, in uno stesso trimestre venisse assunto e licenziato più di una volta (tipologia non infrequente in lavori di tipo stagionale) viene corrispondentemente registrato più di una volta dal sistema». I dati sui licenziamenti diffusi ieri «non distinguono tra imprese con più o meno di 15 dipendenti, e pertanto non consentono inferenze su possibili nessi di causa-effetto tra il nuovo articolo 18, (con particolare riferimento ai licenziamenti individuali per oggettivo motivo economico per le imprese con più di 15 dipendenti), né consentono di cogliere le conseguenze di crisi aziendali non transitorie che sfociano in procedure di cassa integrazione straordinaria», precisa ancora la nota. (Il sole 24 Ore)
Lavoro, avvocati giuslavoristi: “Da riforma Fornero impatto devastante su giustizia”
Fabio Rusconi, presidente dell’Agi, riassume così gli effetti della legge, che ha “generato caos negli uffici giudiziari”, introducendo una riduzione obbligatoria dei tempi dei processi, un aumento delle fasi di giudizio e una corsia preferenziale per le cause di licenziamento
La riforma Fornero ha avuto un “impatto devastante” sul sistema giudiziario italiano. Fabio Rusconi, presidente dell’Agi, Associazione degli avvocati giuslavoristi italiani, riassume così gli effetti della legge, che ha “generato caos negli uffici giudiziari”, introducendo una riduzione obbligatoria dei tempi dei processi, un aumento delle fasi di giudizio e una corsia preferenziale per le cause di licenziamento.
“Premesso che non voglio dare giudizi politici sui contenuti della riforma del lavoro e che non è pensabile attribuire l’ondata di licenziamenti registrati dallo stesso ministero del welfare proprio alla riforma Fornero, va detto che l’impatto devastante è quello che la riforma del processo del lavoro produce su tutti gli uffici giudiziari, ora costretti, con gli stessi organici di prima, a un super lavoro sulle cause di licenziamento, a scapito spesso delle altre cause di lavoro”, spiega Rusconi a Labitalia.
Il flop della riforma Fornero, che dopo nove mesi ha portato a un aumento di licenziati e precari, è stato confermato dai dati degli ultimi giorni: oltre 1 milione di licenziamenti nel 2012 e 1,6 milioni di “scoraggiati” che hanno gettato la spugna.
La legge prevede che il primo grado sia di fatto suddiviso in due fasi di giudizio. Nella prima, l’udienza deve essere fissata entro 40 giorni dal deposito del ricorso e si conclude con un’ordinanza. “Sarebbe a dire – spiega Rusconi – che l’udienza è stata anticipata di 20 giorni rispetto a quanto prevedeva la vecchia norma del 1973 per andare, infine, a una ricognizione sommaria”. Ecco che, quindi, “praticamente tutti – aggiunge Rusconi – accedono alla seconda fase, quella con un’opposizione vecchio stile e che si conclude con una sentenza. Insomma, un primo grado praticamente raddoppiato”.
“Il fatto è” – spiega Rusconi sottolineando che parla a nome di avvocati che difendono sia datori sia lavoratori – “che per abbreviare il processo di lavoro è stata fatta una legge ad hoc che, alla già grave situazione in cui si trovano le cause ordinarie, per via della mancanza di investimenti e della scarsità di infrastrutture e organici, sovrappone una legge nuova che aggiunge un grado al rito e stabilisce una corsia preferenziale per i licenziamenti”.
Uno choc per molti tribunali che, dice ancora Rusconi, “non a caso hanno dato risposte diverse a seconda del terriorio: quelli con una gestione particolarmente manageriale come Milano hanno allungato di poco le cause ordinarie, altri come Firenze, per una concomitanza di cause, le hanno molto allungate” anche se in generale “i giudici del lavoro cercano egregiamente e disperatamente di rispettare i tempi”. Insomma, conclude Rusconi, “bisogna abolire il rito Fornero per il processo del lavoro, ritornare al rito ordinario, cercando soluzioni omogenee e ragionevoli: ora siamo in un caos di soluzioni capricciose da parte degli uffici giudiziari”. (Il fatto quotidiano)
9 aprile 2013