Il cielo era limpido ieri sopra Palazzo Ferro Fini, «uno spettacolo» se lo godevano i consiglieri regionali col naso all’insù. Il giorno giusto per approvare il nuovo Piano dell’aria del Veneto, affidando agli archivi quello vecchio, risalente al lontano 2004, e chiudendo così un lungo e faticoso iter iniziato nel 2012.
Il testo, licenziato dalla giunta nell’aprile del 2014 e approdato ieri in aula accompagnato da 97 emendamenti (24 dei quali firmati dallo stesso esecutivo, costretto di già ad aggiustare le norme per via di alcune novità europee e statali), è stato approvato dopo una sospensione della seduta ed una convocazione lampo della commissione Ambiente guidata da Francesco Calzavara, abile a raggiungere l’intesa con l’opposizione e soprattutto col dem Andrea Zanoni, agguerrito autore della maggior parte delle richieste di modifica della minoranza (viceversa il piano non sarebbe mai passato, si sarebbe finiti alla prossima settimane e poi chissà).
Il tomo, che conta 840 pagine, partendo dalla valutazione ambientale strategica e dalle osservazioni pervenute dal territorio, fissa una serie di prescrizioni incentrate sul riscaldamento domestico e il traffico veicolare, con l’ovvio obiettivo di ridurre l’inquinamento e specificatamente l’emissioni di polveri sottili, ossidi di azoto e microinquinanti organici, che sono poi il motivo delle disperate danze della pioggia che si ripetono ogni autunno-inverno. Il piano varato dal consiglio tratteggia un quadro generale, valido di qui al 2020, all’interno del quale si muoveranno la giunta, i Comuni e le Province con atti esecutivi puntuali. Sono previsti contributi per incentivare la rottamazione delle stufe tradizionali, sostituite da impianti ad alta efficienza energetica; il divieto d’uso nelle aree a rischio inquinamento di apparecchi peggiori e insostenibili dal punto di vista ambientale per riscaldare gli edifici; la programmazione e la realizzazione di sistemi di trasporto ferroviario regionale e locale; il rinnovo del parco pubblico circolante; contributi per la diffusione di gas metano e gpl per il trasporto privato e di auto elettriche e a basso impatto ambientale; la limitazione della circolazione ai veicoli maggiormente inquinanti e creazione di zone a bassa emissione nei centri abitati.
Si introduce poi per la prima volta il concetto di «zonizzazione»: le misure saranno differenziate in base alle fonti di emissione e alla conformazione del territorio, così da essere più efficaci. O almeno questa è la speranza dell’assessore all’Ambiente Gianpaolo Bottacin, che ricorda: «Nel 2013 furono 30 le osservazioni al Piano presentate agli uffici regionali da cittadini, comitati e associazioni, incentrate sulle azioni per il risanamento della qualità dell’aria, con particolare riguardo all’utilizzo civile e industriale delle biomasse, al settore agricolo, a quello produttivo, nonché al trasporto di persone e merci. Come per il referendum sulle trivelle – aggiunge Bottacin – anche su questo tema i veneti hanno dimostrato di essere uniti e consapevoli nella difesa dell’ambiente». Dagli scranni del Pd Zanoni ha invece chiesto, e in parte ottenuto, una riduzione dei termini di esecutività del Piano, anche alla luce dei rischi che accompagnano ogni giorno chi respira l’aria del «catino padano». Nonostante i dati dell’Arpav mostrino un trend positivo, con livelli medi di inquinamento vicini ai limiti indicati dall’Unione Europea per quanto riguarda le polveri e il biossido di azoto, c’è infatti «ancora molto da lavorare – conclude Bottacin – per fronteggiare i nuovi inquinanti come il benzoapirene e attuare risposte sovraregionali coordinate. Con i colleghi abbiamo presentato al Governo un piano di azioni concrete, ci attendiamo risposte altrettanto concrete». Il che significa a nove zeri: servirebbero 2 miliardi.
Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 20 aprile 2016