La cosa peggiore che possa capitare è avere correttamente presagito qualcosa di negativo. E quanto accaduto anni orsono (2009) allorquando su questo giornale rendicontavo un buco plurimiliardario in progress della Sanità (oltre 50 miliardi) e consideravo i piani di rientro quali strumenti destinati a fare flop.
Ed è quanto è successo. Nonostante l’intervento statale di 12,1 miliardi, di cui 3 miliardi a “fondo perduto” e 9,1 miliardi a mutuo trentennale, il piatto piange ancora di oltre 40 miliardi a tutto il 2011. Così conferma la Cgia di Mestre, tenuto conto di quanto consuntivato di recente dalla Corte dei conti per il 2010 con un default complessivo di 35,5 miliardi. Un dato, quello rilevato, che mette in evidenza le difficoltà diffuse delle aziende della salute a onorare i debiti di fornitura, con ritardi di pagamento di 973 giorni in Calabria, 894 in Molise e 770 in Campania e così via. II tutto alla faccia della direttiva Ue che ne pretende il pagamento in 60 giorni a decorrere dal 1 gennaio 2013. Un risultato reso più difficile per la distrazione di 498 milioni (articolo 4, comma 5, del D117412012) dallo stanziamento per rimpinguare il “Fondo di rotazione” destinato a finanziare i predissesti di Comuni e Province nel 2012. Ovviamente, al risultato “contabile” non hanno contribuito le solite Regioni. Meglio, sono mancati i loro saldi definitivi, nonostante la presenza in loco dei super pagati advisor, dal momento che sono tutte in piano di rientro. Quattro delle cinque addirittura commissariate (Lazio, Campania, Calabria e Abruzzo).
Quanto tempo ci vorrà ancora per accorgersi del tonfo dei piani di rientro, nella loro interezza? Quando si comprenderà la inadeguatezza dell’intervento governativo, dimostratosi incapace di fare meglio di chi ha fatto male per decenni? I commissari ad acta, ormai di mestiere, conseguono, infatti, risultati allarmanti. I conti regionali appaiono in miglioramento grazie soprattutto ai non più tollerabili blocchi del turnover, che desertificano le corsie ospedaliere delle professionalità necessarie e rendono impossibile il decollo dell’assistenza territoriale. Quest’ultima da inventare nella gran parte del Paese. Di conseguenza, l’appropriatezza delle cure, ma anche dell’azione di prevenzione delle malattie su cui fonda la sua esistenza il Ssn, latita nonostante le continue promesse di realizzarla. Così continuano le solite inefficienze, quelle che offendono i diritti fondamentali a tal punto da non garantire, in gran parte del territorio, la tutela della salute.
Insomma, le cose vanno come sempre. Sotto certi aspetti, peggio di prima, stante il grido d’allarme sull’insostenibilità dell’attuale sistema della salute. Sul Problema, rappresentato dal ministro della Salute e dal premier Monti e sottolineato dal Capo dello Stato, tacciono i programmi elettorali. Quasi a dimostrare che ci si penserà dopo, a Parlamento eletto. Così non va bene. In un Paese civile, ove il voto politico assume il peso dell’esercizio di una corretta democrazia, i partiti che si candidano a governarlo hanno l’ineludibile obbligo di rendere noti i loro programmi. Più precisamente, su quale Sanità e assistenza sociale, in primis, potranno contare i cittadini chiamati a esprimere il consenso. Ma questa è un’altra storia che non trova cittadinanza alcuna dalle nostre parti.
Ettore Jorio – Il Sole 24 Ore Sanità – 22 gennaio 2013