Mettere insieme dichiarazioni e intenti dei protagonisti sopra citati fa capire che al momento per la sanità il futuro appare ancora molto incerto. Del resto pensare di evitare che la sanità contribuisca alla “svolta” di Renzi è velleitario. Ma c’è un modo per farlo in maniera intelligente che farebbe anche bene alla sanità stessa
Ho apprezzato l’allarme “preventivo” che ha lanciato la Commissione Sanità del Senato in vista del Consiglio dei ministri circa il rischio di subire altri tagli finanziari. Come pure lo spirito di alcune dichiarazioni recenti della ministra Lorenzin in occasione della presentazione del libro di Aldo Cazzullo.
Cottarelli nel riferire alla Commissione Bilancio del Senato, conferma che sono previsti tagli alla sanità indicando due problemi, costi standard e ricoveri inappropriati, da affrontare con il Patto per la salute. La ministra in attesa di incontrare Padoan, parla di cambiare la sanità pubblica mettendo sul piatto 10 mld di risparmi in tre anni. Tuttavia mi chiedo concretamente come sia possibile, con l’aria che tira, riuscire a invertire il senso di marcia del definanziamento. I costi standard ammesso di riuscire a farli non promettono nulla di buono. Accanirsi di nuovo sugli ospedali acuisce una situazione assistenziale già molto carente.
Per me l’unico modo possibile, scartando i ragionamenti apologetici sul “già dato” è:
· entrare dentro, come sanità, in modo costruttivo, al ragionamento di base del governo ovvero liberare risorse mal spese dalla spesa pubblica per destinarle a rifinanziare in un modo o nell’altro la ripresa del paese;
· giocare a carte scoperte, senza inganni, cioè individuando il contributo reale che la sanità può dare a questa scelta strategica;
· chiarire bene le contropartite:invarianza dei diritti, riduzione certa della spesa corrente, maggiore governabilità del sistema, più salute per tutti.
Un solo postulato: se la spesa sanitaria è determinata dalla disponibilità della spesa pubblica allora è altrettanto vero che per quota parte l’entità della spesa sanitaria a sua volta determina l’entità della spesa pubblica….quindi se cambio e riduco la spesa sanitaria cambio e riduco per quota parte la spesa pubblica…per cui non servono i tagli.
Le garanzie che offrirei al governo Renzi sono sostanzialmente due:
· un programma riformatore che intervenga su diseconomie, anti economie, abusi, malgoverno, calcolando un risultato credibile a due a tre e a cinque anni;
· una riduzione a regime di spesa corrente certa, credibile e verisimile.
Anche le proposte di Cottarelli apparentemente aiutano la sanità perché appaiono come risparmi contenuti ma nel tempo ci ritornerebbero addosso come un boomerang. Tutti sappiamo che in sanità c’è molta roba da eliminare e da recuperare. Se diciamo, come fa la ministra con alle calcagna le regioni, che si possono recuperare 10 mld in tre anni, mentiamo perché le possibilità di risparmio sono ben maggiori se si pensa che spendiamo 10 mld l’anno solo per la medicina difensiva.
Se pensiamo di cambiare la sanità con il “Patto per la salute” come pensa Cottarelli, con le regioni che abbiamo ci faremo ridere dietro perché questi patti hanno sempre bucato gli obiettivi di cambiamento. Se pensiamo di chiedere al governo come propone la ministra Lorenzin su suggerimento delle regioni, di lasciare alla sanità i risparmi della sanità mostriamo di non aver capito la strategia di Renzi, semplicemente perché per la spesa pubblica non cambierebbe niente, lasciando noi intendere che la condizione per cambiare la sanità siano i soldi.
I cambiamenti più importanti in sanità non necessitano di ulteriori finanziamenti ma di seri interventi riformatori. La lotta alle diseconomie e alle anti economie è un modo per cambiare quindi rifinanziare la sanità. Infine non si può pensare di riformare la spesa sanitaria, perché di questo si tratta, senza riformare la sanità come modello, paradigma, cioè senza mettere le mani la dove nessuno fino ad ora le ha messe mai: governabilità quindi ripensamento del Titolo V, ripensamento del lavoro e delle politiche per il lavoro quale ricapitalizzazione del sistema a spesa corrente decrescente, altro sistema di servizi cioè altro genere di tutela, politiche per la salute.
La spesa sanitaria è determinata dal sistema che la esprime in tutti i modi possibili leciti e meno leciti. Non si cambia la spesa senza un progetto di riforma e mi duole dirlo questo progetto non lo vedo né al ministero, né alle regioni, né all’Agenas. Quello che vedo è la solita lagna marginalista sulle cure primarie, il territorio, i posti letto, l’assistenza domiciliare ecc. La ministra Lorenzin ha dichiarato: “Il nostro sistema ha bisogno di cose molto ‘impopolari’ per gli addetti ma molto ‘pop’, per i pazienti”. Ha ragione se la ministra si riferisce alle Regioni, che nonostante i danni causati, non mollano la presa del potere neanche sotto tortura, ma non vale per gli operatori.
Questi non riterrebbero impopolare una riforma che permettesse loro di lavorare al meglio delle loro possibilità. Ora siccome dubito che le Regioni accettino di modificare il Titolo V come dubito fortemente di coloro che vogliono cambiare senza un pensiero riformatore, e siccome Cottarelli sulla sanità tira tutto sommato a campare, la vedo nera.
Provi la ministra a portare a casa un “Patto per la riforma” con le regioni, concordi con loro, se ci riesce, le priorità su cui intervenire, coinvolga le professioni nella definizione del progetto, definisca con chiarezza le proposte, ma soprattutto quantifichi i risultati finanziari del cambiamento….e solo dopo…. avanzi il suo progetto.
Di tutto questo e di altro discuteremo il 27 marzo (“Professioni e sanità: chi e cosa si oppone al cambiamento?”)alla Pontificia Università Lateranense a Roma (ore 9,30, aula Paolo VI, piazza San Giovanni in Laterano 4). Il convegno è organizzato da “Specchio Economico” e dal movimento “Le professioni per l’Italia”. Siete tutti invitati, in particolare la ministra Lorenzin.
Ivan Cavicchi – Quotidiano sanità – 13 marzo 2014