Roberto La Pira. Quante merendine possono mangiare i bambini? L’olio di palma è davvero un problema per la dieta degli italiani? È vero che solo il 10% dell’apporto calorico giornaliero può derivare dallo zucchero? L’acqua alcalina esiste davvero? Il digiuno è davvero un modo per rallentare l’invecchiamento? La dieta vegetariana è un modello valido? In Italia non c’è nessuna istituzione che risponde a queste domande legittime, il più delle volte sollecitate dall’attualità e dalla pubblicità che inventa continuamente mode e prodotti.
C’è poi un altro elemento da valutare attentamente, l’Italia è un popolo con l’8-10% di vegetariani e questo vuol dire che forse servirebbero nuove linee guida e nuovi percorsi nutrizionali. La questione è così evidente che anche McDonald’s sta pensando ad un menu vegetariano con tanto di hamburger di soia.
A dispetto del cambiamento di abitudini alimentari e di consumi non ci sono istituzioni pubbliche che hanno pensato ad aggiornare la situazione. Il Crea Nut che ha assorbito l’ex Istituto nazionale per la ricerca e la nutrizione non ha pensato a fornire guide linee per questo folto gruppo di persone. Eppure il panorama della popolazione è cambiato, basta pensare che a Milano il 10% dei 75 mila pasti serviti ogni giorno nelle scuole è destinato a bambini, ragazzini, educatori e insegnanti che hanno scelto uno dei 19 menu speciali che comprendono menu per vegetariani, per celiaci, per intolleranti al lattosio e per allergici. A dire il vero da due anni aspettiamo l’aggiornamento delle nuove Linee guida per una sana alimentazione degli italiani che sono state pubblicate per l’ultima volta nel 2003. In 13 anni è cambiato il modo di mangiare degli italiani ma sembra che le istituzioni non se ne siano accorte.
La situazione è abbastanza fantozziana, perché è quasi inutile rivolgersi al Ministero della salute e anche al Crea Nut. Il parere sull’olio di palma è arrivato due anni dopo la richiesta. La sensazione è che i dossier e gli studi sulla nutrizione firmate dalle istituzioni siano quasi del tutto spariti. Esiste un Comitato nazionale per la sicurezza alimentare, guidato da Giorgio Calabrese, che a dispetto del nome altisonante, non ha prodotto nulla di interessante e non ha mai affrontato un tema di attualità dando risposte concrete ai cittadini. Insomma una struttura di cui si potrebbe fare volentieri a meno.
L’amara conclusione è che in Italia tutti parlano di sicurezza alimentare e di dieta mediterranea ma poi i cittadini sono lasciati all’improvvisazione. Il Ministero si limita a proporre nelle scuole il programma Frutta nelle scuole che si rileva spesso un enorme spreco di fondi europei e di cibo essendo slegato dalla realtà quotidiana. Qualche anno fa si parlava di un’agenzia per la sicurezza alimentare a Foggia, che forse avrebbe dovuto pensare a questi aspetti oltre alla supervisione della sicurezza alimentare. Il governo Prodi aveva anche stanziato i fondi, ma il progetto non andò avanti visto che il governo Berlusconi abbandonò. L’amara realtà è che nessuno si occupa della nutrizione degli italiani e non ci sono linee di indirizzo su numerosi problemi. Oggi la cosa che funziona meglio nell’ambito alimentare è la sicurezza affidata alle Asl e ai veterinari, che ogni giorno operano nelle strutture sanitarie affiancati dagli Istituti zooprofilattici. Queste strutture svolgono quotidianamente un buon lavoro di cui però poco si parla. I media preferiscono focalizzare l’attenzione sulle operazioni più pittoresche dei Nas che si attivano sempre con le telecamere al seguito, salvo poi scoprire che la maggior parte dei processi si esauriscono senza condanne o con pene ridicole.
Il Fatto alimentare – 3 agosto 2016