Roberto La Pira. Se sarà approvato l’accordo di libero scambio tra Europa e Stati Uniti (TTIP) i polli allevati con antibiotici arriveranno sulle nostre tavole. Questo scenario non viene riportato dagli addetti ai lavori ma è l’inevitabile conclusione di un ragionamento supportato da troppe evidenze.
Di diverso avviso sembra invece la riposta del commissario Vytenis Andriukaitis all’interrogazione dell’eurodeputata Mara Bizzotto, che chiedeva spiegazioni su come affrontare il problema degli antibiotici promotori della crescita regolarmente utilizzati negli allevamenti di polli americani, ma vietati in Europa. Nella risposta arrivata il 23 marzo scorso, Andriukaitis ha dichiarato che “il divieto dell’uso di antibiotici come promotori della crescita nell’alimentazione degli animali in tutta l’UE è entrato in vigore il primo gennaio 2006. Sebbene l’utilizzo di tali prodotti continui in alcuni paesi terzi, gli alimenti così prodotti possono essere importati nell’UE soltanto se è possibile dimostrare che non vi sono conseguenze sulla sicurezza alimentare. Gli animali e i prodotti importati nell’UE devono rispettare le prescrizioni dell’Unione sull’assenza di residui di antibiotici e di altre sostanze”. Il Commissario ha concluso dicendo che “gli Stati membri dell’UE sono tenuti a eseguire controlli ufficiali sugli alimenti di origine animale che entrano nell’Unione. Qualora le partite risultino contenere residui superiori ai limiti massimi o residui di sostanze proibite nell’UE, esse saranno respinte”. Basta però decodificare le parole per rendersi conto che se viene approvato il trattato TTIP i polli agli antibiotici saranno una realtà quotidiana dei prodotti venduti al supermercato.
Chiunque segua il settore dei polli sa che importare cosce o petti congelati dagli Stati Uniti non trattati con antibiotici o promotori della crescita è impensabile, anche se quanto dichiarato dal commissario lascia intendere il contrario. La filosofia europea e quella americana sono infatti contrapposte. Da noi esiste come riferimento il “principio di precauzione”. Negli Usa le regole sono meno restrittive e prevedono l’impiego regolare e su vasta scala di antibiotici come nitrofurani e biochina oltre a promotori della crescita come virginiamicina e zincobacitracina, tutte sostanze vietate in Europa dal 2006 (si stima che il 70% di tutti gli antibiotici distribuiti negli Stati Uniti sia usato negli allevamenti per la profilassi o la promozione della crescita; solo il 10% è usato per curare animali malati, mentre il restante 20% è impiegato nell’uomo; leggi articolo).
C’è di più: in Europa il veterinario, è l’unica persona che può autorizzare i trattamenti farmacologici, prescrivere la ricetta e registrare il trattamento avvenuto su un registro apposito, oltreoceano non ci sono questi vincoli. Anche le modalità di allevamento e i controlli sono diversi. L’Europa applica un costante approccio all’igiene in ogni fase della produzione (“from the farm to the fork”), dal trasporto degli animali fino al confezionamento degli alimenti, vengono individuati i punti critici per l’igiene, e l’unica sostanza ammessa per il lavaggio delle carcasse è l’acqua potabile. Il sistema statunitense prevede per il lavaggio delle carcasse soluzioni a base di cloro (candeggina diluita) e non esiste un simile approccio verso l’igiene della filiera.
La Commissione Europea ha più volte affermato che l’industria non deve temere nulla dal TTIP, in quanto un’eventuale firma dell’accordo avrebbe l’effetto di definire contingenti e tariffe e di facilitare lo scambio delle merci oggetto di accordo e che sono fatti salvi tutti i principi sulla sicurezza igienica e alimentare. In altre parole: il TTIP aprirebbe i canali commerciali, e i produttori americani che intendono esportare verso l’Unione Europea dovranno garantire che i polli sono stati allevati all’interno di un sistema produttivo che rispetta norme analoghe a quelle europee.
Per citare la Commissione: “Sia l’UE che gli USA applicano standard rigorosi nel settore della sicurezza alimentare. L’obiettivo è ridurre i costi che devono sostenere gli esportatori dell’UE quando gli standard sono identici, ma le regole sono diverse.” Il problema è proprio questo. Le regole diverse degli Stati Uniti permetteranno alla fine di esportare in Europa e in Italia un pollo senza tracce degli antibiotici e senza tracce dei promotori della crescita utilizzati durante la fase di allevamento. Anche l’acqua di cloro ( candeggina diluita) per lavare le carcasse non lascia tracce e quindi alla fine sarà tutto ok, proprio come dice il commissario.
Questo è possibile perché i laboratori di analisi e controllo non dispongono di metodi per identificare se i polli sono stati allevati con antibiotici e promotori della crescita perché i farmaci sono eliminati con le feci e non lasciano tracce. Lo stesso problema si pone per il lavaggio con candeggina per bonificare le carni di pollo macellate. Alla luce di queste considerazioni diventa facile interpretare le parole del commissario europeo sul concetto di salvaguardia degli standard igienici identici e non equivalenti che di fatto dà il via libera ai polli made in USA.
L’Europa deve pretendere l’identità e non la semplice equivalenza dei criteri produttivi e degli standard igienici. I polli importati dovranno rispettare le norme su: benessere animale, igiene del processo, divieto di uso dei promotori della crescita, uso razionale del farmaco, stretti limiti microbiologici per le carni, divieto di uso di decontaminanti e principio di precauzione. Non basta dire che la carne non ha antibiotici. Tutto ciò non sarà mai scritto nel trattato.
In Europa diciamo che un dato trattamento o prodotto non può essere autorizzato se non esiste evidenza scientifica che sia sicura dopo una complessa analisi del rischio e quando ci sono dei dubbi il medicinale o la sostanza chimica per il principio di precauzione è vietata. In USA l’approccio è inverso: tutto è ammesso finché non ci sono evidenze scientifiche da cui emerge un rischio per la salute.
Se viene firmato il trattato TTIP con gli USA il pollo americano che non deve sottostare a norme igieniche restrittive e grazie ai medicinali cresce più veloce dei nostri arriverà sui mercati a prezzi concorrenziali. In questo modo la sicurezza alimentare, il controllo della filiera che a fatica gli europei hanno realizzato negli ultimi 30 anni con leggi e controlli, saranno spazzati via. I consumatori potranno riconoscere il petto o le cosce di pollo importato dagli USA perché l’etichetta deve indicare l’origine, ma nulla si potrà sapere per la carne di pollo utilizzata nei wurstel, nei ripieni per ravioli o nei piatti pronti perché in questo caso sull’etichetta non è obbligatorio indicare l’origine della materia prima.
Per capire meglio quanto sia grave il problema degli antibiotici negli allevamenti, basta dire che anche McDonald’s negli Stati Uniti ha annunciato che entro due anni di non utilizzerà più polli allevati con antibiotici impiegati anche per l’uso umano. Se il trattato tra USA ed Europa come dice il commissario europeo Andriukaitis garantirà la sicurezza alimentare, qual è il motivo di trovare un nuovo accordo, visto che in Europa le regole ci sono già? Gli allevatori di polli americani che le rispettano possono esportare quando vogliono i loro prodotti. Non lo fanno perché aspettano le nuove norme che si vogliono introdurre con il TTIP. Firma la petizione online europea contro il TTIP promossa da centinaia di associazioni europee a cui ha aderito anche Il Fatto Alimentare sostenuta sino ad ora da 1,6 milioni di persone ( il modulo lo trovi nella colonna di destra del nostro sito).
Il Fatto alimentare – 17 aprile 2015