«Luca Zaia mi chiede di mandare dei veneti a commissariare la sanità delle altre regioni. Io ho mandato in giro diversi lombardi, spero non si offenda. È sempre Lombardo-Veneto, no?». Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin sceglie l’ironia, o meglio il sarcasmo, per rispondere al governatore leghista che difendeva la sua regione, «virtuosa ma punita», dai tagli sulla sanità.
Eppure, ministro, quello veneto è uno dei sistemi sanitari migliori che abbiamo.
«Sicuramente è un buon modello, ma a chi si diletta di classifiche ricordo che, nella top 5, prima del Veneto c’erano le Marche. Era una regione più efficiente nel rapporto fra costi e servizi, ma ha rinunciato a svolgere il ruolo di benchmark, cioè di punto di riferimento, per un accordo politico. E poi non si può cadere dal pero».
Cadere dal pero?
«Le misure sulla sanità sono state decise insieme alla Conferenza delle Regioni. E lì, negli ultimi anni, il Veneto ha avuto la presidenza della commissione salute, la Lombardia della commissione Bilancio. Sono queste due Regioni che di fatto hanno deciso la linea , compreso il taglio da 2,3 miliardi di euro su cui sono stata sempre contraria e di cui si discute adesso. Un accordo chiuso da tempo, anche se ora tutti si stracciano le vesti».
Nei prossimi cinque anni, però, dalla Sanità dovranno arrivare 10 miliardi. La protesta è su questo punto.
«Ma quelli non sono tagli. Sono soldi che vanno risparmiati nella Sanità ma che nella Sanità andranno reinvestiti, per rispondere alle nuove esigenze, come l’invecchiamento della popolazione, l’accesso ai nuovi farmaci, lo sblocco del turn over. È proprio la filosofia del patto della salute, approvato dalle Regioni il 2 luglio».
Per tagliare le tasse, però, il governo ha bisogno di 35 miliardi di euro nei prossimi tre anni. Non c’è il rischio che almeno una parte dei risparmi vengano usati per questo?
«Dobbiamo ragionare al contrario. Di quanti soldi abbiamo bisogno per garantire una sanità più efficiente e più aderente ai nuovi bisogni? Se servono dieci miliardi ce li teniamo tutti. Se avanza qualcosa, quel qualcosa può essere usato per altro».
Quindi il rischio c’è?
«Come diceva James Bond, il rischio è il mio mestiere. Quando deve cercare nuove coperture, la Ragioneria generale dello Stato parte sempre dalla spesa sanitaria: è quella più conosciuta, quella aggredibile più facilmente. Ma la sanità ha già dato. Per il futuro di tagli lineari non se ne parla».
I 2,3 miliardi per il 2015, però, sono un taglio lineare. Per di più da realizzare nei pochi mesi che mancano alla fine dell’anno. Anche il servizio Bilancio del Senato ha detto che non sarà facile.
«Mi rendo conto che è un’operazione complessa. Ma l’accordo poteva essere chiuso già a gennaio, avendo più tempo a disposizione per raggiungere il risultato. Sono stati proprio i governatori a prendere tempo in una trattativa andata avanti per mesi e poi sospesa per l’incombere delle elezioni regionali. Credo che avendo deciso le cose da tempo, tutti abbiano già fatto i conti».
Però è un taglio lineare.
«Sono misure di efficientamento. E ricordo che nell’ultima legge di Stabilità sono state sempre le Regioni a rinunciare ad un aumento di 2 miliardi del fondo sanitario che avrebbe praticamente compensato questa riduzione. Hanno preferito usare quei soldi per altre voci di spesa. Legittimo però facciamo attenzione: se non si fanno le riforme con il finto alibi dei tagli, poi i tagli arrivano davvero. E anche più pesanti».
Il Corriere della Sera – 29 luglio 2015