Domani saranno trascorsi tre mesi dalle elezioni che hanno aperto la decima legislatura nella storia della Regione Veneto. Una ricorrenza segnata dal caso debiti, affrontato da Palazzo Balbi quando a tenere i cordoni della borsa era il leghista Roberto Ciambetti, passato nel frattempo sull’altra sponda del Canal Grande per guidare l’assemblea di Ferro Fini.
«Ci siamo mossi esattamente come ci aveva detto di fare il Mef (ministero dell’Economia e Finanze, ndr. )», afferma l’ex assessore al Bilancio ed attuale presidente del Consiglio.
Vuol dire che col «paga-debiti» non avete fatto un pasticcio?
«Abbiamo correttamente utilizzato l’anticipazione di cassa ottenuta dallo Stato per pagare gli ammortamenti non sterilizzati delle Usl, cioè debiti per lavori e acquisti di macchinari contratti fra il 2002 e il 2010. L’operazione è stata gestita attraverso due leggi regionali, che abbiamo scritto sulla base delle indicazioni ricevute dal Mef, che a propria volta si è relazionato con l’Unione Europea per ottemperare alla direttiva sui ritardati pagamenti della pubblica amministrazione. Se Roma ha sbagliato a contabilizzare o non si è capita bene con Bruxelles, non può certo scaricarne la colpa sulle Regioni».
Il governo però medita ora una riforma della legge sul pareggio di bilancio. Sarebbe comunque utile?
«Altroché. Il test sulle Regioni, anticipato al 2015 rispetto a Stato e Comuni, ha dimostrato che l’attuale meccanismo è insostenibile. Già quest’anno con 6 parametri da incastrare è praticamente impossibile assumere impegni di spesa e programmare lavori pluriennali, figuriamoci allora dal prossimo, con addirittura 12 vincoli di cui tenere conto. Se poi vogliono pure addebitarci il conto di errori altrui, allora ce l’hanno proprio con le Regioni».
E perché?
«Temo che vogliano ancora farci pagare l’effetto Fiorito (l’ex capogruppo del Lazio, protagonista dello scandalo dei fondi del Pdl, ndr. ), come se fosse il peccato originale di tutti i Consigli regionali, quando invece proprio il Veneto è un modello di virtuosità. È accertato che qualche Regione si è comportata male? Si commissari quella, senza demolire il sistema regionale nel suo complesso. Invece questi continui attacchi al regionalismo sono il tentativo di asfissiare un livello istituzionale per insinuare che è malato di suo».
Il dem Achille Variati sostiene invece che il futuro stia piuttosto nelle aree vaste.
«Da presidente nazionale dell’Upi e da mancato candidato governatore del centrosinistra, mi pare che Variati dica cose diverse rispetto a quand’era consigliere regionale. Prendo atto che ha cambiato idea, non è vietato. Ma progetti come PaTreVe e ViVRò mi sembrano poco praticabili. Personalmente amo il delta del Po, eppure credo che abbia ben poco a che fare con l’Altopiano di Asiago, per cui non so come potrebbe funzionare bene una struttura che debba occuparsi ad esempio della viabilità da Porto Viro a Malcesine».
Le ex Province aspettano però da oltre un anno la legge regionale di riordino delle funzioni. Cosa risponde? Era sua la delega all’epoca.
«Il lavoro propedeutico fatto allora si è rivelato fondamentale per redigere il testo che, sotto il coordinamento del mio successore Gianluca Forcolin, sarà sicuramente approvato entro il 31 ottobre. Non posso però non sottolineare il vergognoso atteggiamento del governo, che vorrebbe scaricare alle Regioni i centri per l’impiego, assegnandoci però solo un terzo delle risorse necessarie. Ma allora siamo il male assoluto, o facciamo comodo quando c’è qualche gatta da pelare? Qui va posta con forza la questione settentrionale».
In che termini?
«Le Regioni del Nord hanno il migliore rapporto tra servizi erogati e spesa pubblica, eppure continuano ad essere trattate come le figlie della serva. Anche nelle disgrazie: al tornado in Riviera del Brenta assegnati 2 milioni sui 92 chiesti, all’alluvione nello Jonio Cosentino 3,9 su 82. Per non parlare degli sgravi annunciati dal ministro Padoan per le imprese del Sud. Questo è il governo più meridionalista della storia».
Perché allora la Lega non ha ottenuto il federalismo quand’era al governo?
«Avevamo preparato la legge delega, ma Monti ha attuato solo Roma Capitale, col risultato che abbiamo visto. Vedo però uno Zaia in grande proiezione romana, determinato a portare a casa quanti più spazi è possibile di autonomia nel negoziato col governo, scongelando i tre progetti di legge che nella scorsa legislatura erano stati messi nel freezer della prima commissione dall’alleato che per fortuna non è più in maggioranza (Ncd, ndr. )».
A proposito di iter: che tempi prevede per l’Azienda Zero?
«È giusto che i consiglieri approfondiscano un tema che riguarda due terzi del bilancio regionale. Ma non credo che andremo alle calende greche».
Novità in agenda?
«Probabilmente uno spacchettamento delle commissioni, alcune sono troppo affollate. E forse una revisione della legge elettorale, sulla base di un approfondimento di esperti interni ed eventualmente esterni, per evitare altri dubbi di interpretazione sui resti».
Angela Pederiva – Corriere del Veneto – 30 agosto 2015