«Ho una controproposta. Semplice. Mandiamo dei veneti a commissariare la sanità di certe Regioni. Non ci sarebbe più bisogno di alcun taglio». Luca Zaia, al suo secondo mandato da governatore veneto, non riesce ad abituarsi: «Se penso ai 500 milioni messi dal governo per il salva-Crocetta… ». Il fatto è che nel decreto sugli enti locali sono apparsi tagli alla sanità per 2,3 miliardi. E così, il presidente perde la tradizionale flemma.
Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin dice che non saranno tagli lineari ma razionalizzazioni.
«Massì, va bene… E allora, dica che si useranno i costi standard. Dica che i costi per un certo bene o servizio saranno omogenei in tutta Italia. Dica che non sarà più possibile che in certe Regioni ci sia, per dire, un geriatra ogni centomila abitanti e in altre uno ogni mille».
Ma perché non dovrebbe credere al governo?
«Perché vedo quel che fa. Dieci giorni fa, ha varato tagli lineari per 2,5 miliardi. Dieci giorni fa. E sui costi standard, il governo Renzi li ha sì introdotti, ma con una postilla da nulla: i costi standard non si applicano alle Regioni a Statuto speciale. Questo è accaduto in gennaio, non nel Medio Evo. Come faccio a crederci?».
Ma lei, Zaia, è proprio sicuro che in Veneto non ci sia proprio nulla da tagliare?
«In Veneto non si paga l’addizionale regionale Irpef, né alcun ticket regionale. Ciononostante, la nostra sanità è benchmark, un modello, per quella nazionale e ancora siamo in attivo per otto, dieci milioni. Ma se il governo taglia ancora, mi costringe a mettere altre tasse oppure a chiudere gli ospedali. Ma noi la razionalizzazione l’abbiamo fatta, e non sapremmo quali chiudere».
Insomma, taglino gli altri?
«Ma no, non dico quello. Però, è evidente che se ci sono quattro regioni del Sud che aprono voragini da oltre 5 miliardi, forse è là che bisogna guardare. Che poi, mi faccia dire… Se fai crateri nei conti ma sei in qualche comparto il primo della classe, ammettiamo pure che tu paghi dei costi di ricerca. Ma così… Noi accogliamo turismo sanitario da tante Regioni. Qualcosa non torna…».
E i costi standard sarebbero la bacchetta magica?
«Sarebbero una rivoluzione. Dalla famosa siringa che oscilla dai 4 ai 26 centesimi, ai pasti ospedalieri che passano dai 6/7 euro ai 70 o 80 di certe regioni, fino a forniture che variano del 600%. Se i costi standard si applicassero non solo alla sanità, la virtuosità varrebbe 30 miliardi. Un terzo dell’interesse sul debito pubblico. Veda lei. E invece, si chiamano gli esperti per tagliare sul serio, ma poi gli esperti se ne vanno. Restano i tagli che abbiamo visto fin qui. Ora, arriva una nuova incursione. Ma alle incursioni si risponde con le barricate».
Insomma: veneti a commissariare la sanità?
«Veneti, lombardi… gente con i conti in regola. Se serve mezzo miliardo alla Sicilia, non è meglio mandare un commissario non siciliano? Guardate i posti letto, il numero dei primari… non si riesce a tagliare? Noi capiamo l’imbarazzo, far pulizia in casa propria è difficile. E allora, mandate noi. E dateci carta bianca».
Il Corriere della Sera – 28 luglio 2015