Goffredo De Marchis. Recuperare 10 miliardi dalla sanità è un obiettivo realistico. «Sono perfettamente d’accordo con la road map indicata dal commissario alla spending Gutgeld», dice il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Un risparmio che non si tradurrà in tagli ai servizi, semmai va inquadrato in una maggiore efficienza del sistema e in una diversa programmazione. «Niente tagli lineari », spiega ancora il ministro. «Anche perché non c’è più niente da tagliare», aggiunge. Al momento di trasformare il progetto in legge, all’interno della Stabilità, andrà però discusso l’uso di quelle risorse. Lorenzin sembra non avere dubbi: devono rimanere tutti o quasi tutti dentro il servizio sanitario, soprattutto per nuovo personale e investimenti in ricerca e solo in parte potranno essere destinati al taglio delle tasse annunciato da Matteo Renzi. Il ministro conferma la strategia del governo.
Ministro, quando si discute dei 10 miliardi dalla sanità si pensa subito al taglio dei servizi. Non è così?
«I 10 miliardi non vengono tolti dal fondo sanitario nazionale che ha già dato in questi ultimi anni. Negli ultimi anni abbiamo dovuto fare fronte a una spesa fuori controllo che peraltro non si è trasformata in migliori servizi ai cittadini. Anzi, con la riforma del titolo V è nata un’Italia a due o tre velocità e gli sforzi necessari per sanare le casse del SSN dissanguate delle Regioni hanno sacrificato molto la qualità dell’assistenza. Quindi, dopo 25 miliardi di tagli, non c’è proprio più niente da tagliare. C’è invece la possibilità di recuperare risorse grazie a una maggiore efficienza e a una nuova organizzazione. Si calcola una cifra intorno ai 30 miliardi ma se riusciamo a trovarne 10 mi accontento ».
Come li recuperate?
«Rafforzando la medicina territoriale. Portando i pazienti in ospedale solo quando necessario,ovvero per i momenti acuti della malattia. Razionalizzando la spesa per la medicina difensiva che costa 13 miliardi l’anno. Sono quei casi in cui il medico per evitare contenziosi legali con i pazienti, ricorre a un eccesso di prescrizioni. Poi c’è il patto della sanità digitale: incrociando i dati voglio capire non solo quanto spendo ma come spendo i nostri soldi».
Parliamo di 10 miliardi in quanti anni?
«In 5 anni come dice lo stesso Gutgeld. Non è possibile un risultato immediato per quest’ordine di cifre, sono risorse che si recuperano con un processo più lungo. Per questo, anzi, molte delle norme contenute nel patto della salute vanno attuate dalle regioni e altre portate nella prossima legge di stabilità. Le centrali uniche d’acquisto, le misure sulla produttività, le forme di disincentivo per la medicina difensiva sono solo alcune di queste.Per farlo è necessaria la collaborazione della conferenza Stato-regioni».
Come andranno utilizzate le risorse ricavate dal piano di risparmi?
«A me va benissimo la spending. E va benissimo utilizzare le risorse per coprire i buchi che abbiamo nella ricerca, per rendere disponibili a tutti i nuovi farmaci salvavita, e per sbloccare il turn over. Nella sanità italiana abbiamo bloccato il ricambio generazionale e stiamo disperdendo un capitale umano sul quale abbiamo investito miliardi in formazione. I nostri medici sono richiestissimi all’estero ma se vanno via poi mancano alle nostre strutture e ai nostri pazienti. Il recupero di risorse e l’equilibrio di bilancio dato dalla maggiore produttività avrebbe anche delle ricadute sulle imposte. Penso al possibile abbassamento delle super aliquote Irpef delle regioni che pesano sulle buste paga di tanti cittadini. Il mio compito è rendere sostenibile il nostro welfare e in particolare quello sanitario. Sapendo che si possono recuperare tantissimi soldi».
Qual è l’esempio di una maggiore efficienza che consente di usare il denaro in un altro modo?
«Il classico esempio sono le centrali uniche d’acquisto. Non è il famoso costo standard della siringa ma è il benchmark fra i prezzi che consente di non disperdere risorse tra una moltitudine di centrali d’acquisto, Così avremo beni e servizi che costano di meno ma anche la benzina o il gasolio per il riscaldamento che insieme alla lavanderia costano circa 5 miliardi».
Gutgeld parla di ospedali che non funzionano. Significa che vanno chiusi? Non è un problema per i malati?
«Alcuni ospedali li stiamo già chiudendo o riconvertendo e questo migliora i servizi. Ci sono nosocomi che non hanno casistiche su determinate patologie, come il caso dei punti nascita sotto i 500 parti l’anno. Non servono e sono pericolosi. Che si fa con le strutture che chiudiamo? Le riconvertiamo, magari in istituti di riabilitazione, in centri per gli anziani, in case della salute, in strutture intermedie.Sul territorio, in ospedale devi andare solo se stai male davvero, per il resto sono più utili strutture diffuse » Gutgeld ha parlato anche di un taglio alle analisi.
«Nessuno ti impedirà di fare le analisi se hai bisogno. Bisogna evitare di farne dodici quando non servono. Sono rimasta incinta nello stesso periodo di due mie amiche. Bene, ho scoperto che io ho fatto un terzo delle analisi che hanno fatto loro. Le analisi devono essere né troppo poche né troppe»
Dei 10 miliardi di risparmi, è in grado di dire quanto potrà utilizzato per il taglio delle tasse?
«Io giro il discorso. Di quanto abbiamo bisogno per affrontare in modo programmatico le carenze di personale e di servizi? Non parliamo mica di un problemino secondario. Parliamo di medici del pronto soccorso, di rianimatori sulle ambulanze, di infermieri nei reparti. Non sono assunzioni allegre, sono assunzioni necessarie.
Difendo il mio settore ma dico che possiamo verificare di anno in anno le necessità del sistema. Sempre con l’aiuto delle regioni perché senza di loro non si fanno le riforme , dobbiamo ancora vedere approvata la riforma dell’accesso alla professione e i nuovi lea, ovvero i livelli essenziali di assistenza».
leggi anche l’intervista a Gutgeld
Repubblica – 27 luglio 2015