Luisa Grion. A chi l’accusa di aver fatto una riforma deludente, con tanti dei bei titoli, ma priva di una visione d’insieme, Marianna Madia, ministro della Pubblica amministrazione, risponde: «E una critica pretestuosa, l’organicità della riforma è evidente. La pubblica amministrazione ha tre problemi principali: lentezza perché c’è ancora poco digitale, complicazione per le troppe regole, opacità perché manca la cultura della rete, della trasparenza dei procedimenti e dei dati ».
Secondo i sindacati però, la sua è una riforma che si accanisce contro i lavoratori. Cosa risponde?
«Non c’è una sola norma che penalizzi i lavoratori. L’intero impianto inverte una tendenza e favorisce l’ingresso di nuove generazioni».
E i permessi sindacali dimezzati?
«Trovo irresponsabile rispetto ad un progetto organico di modernizzazione focalizzarsi su questo punto. Siamo nella legislatura che ha tolto il finanziamento pubblico ai partiti».
Da dove inizia questo grande progetto di riforma?
«Dalle semplificazioni e dalla digitalizzazione: pin unico, processo telematico, fatturazione elettronica, moduli standard…»
Ci sono però anche problemi di tempi. Cosa farete per esempio, con le opere bloccate dalle troppe sospensive? Come rendere più efficiente il Tar?
«Stiamo intervenendo anche lì: costringeremo il Tar a diventare veloce. Nel decreto sono previsti tempi certi per i ricorsi sugli appalti: fra la sospensiva e l’udienza non potranno passare più di 30 giorni, fra l’udienza e la sentenza non più di 90. Ma il testo fissa anche tempi certi – entro due anni – oltre i quali l’amministrazione non potrà revocare autorizzazioni concesse ai privati. Ora vige il principio di ragionevolezza, soggettivo e senza limiti temporali, noi li abbiamo fissati».
Passiamo ad un altro tasto dolente: la valutazione dei dirigenti. I tentativi fatti dai suoi predecessori
sono falliti, perché il suo dovrebbe funzionare?
«Perché stiamo imponendo un cambio di mentalità. Il tempo degli scatti automatici è finito. Le valutazioni influiranno sugli stipendi e sulle carriere».
Ma chi farà quelle valutazioni? E sulla base di quali criteri?
«La politica dovrà assumersi le sue responsabilità fissando gli obiettivi che vuole raggiungere: fino ad ora non lo ha mai fatto, ma le cose dovranno cambiare. Ci sarà Commissione super parte, mi viene in mente quella utilizzata dall’ex ministro Saccomanni per le nomine al ministero dell’Economia. Per gli incarichi apicali dovrà proporre ex ante una rosa di nomi; per le direzioni non apicali, dovrà giudicare se le persone nominate possiedono o meno i requisiti necessari. Quanto ai criteri da utilizzare per valutare il merito dei dirigenti, le linee guida saranno fissate nei decreti attuativi della legge delega».
In tutto questo cosa cambierà per il cittadino?
« Faccio due esempi: chi ha un credito Iva inferiore a 15 mila euro non dovrà più fare una fideiussione per incassarlo; superiamo il paradosso che i malati cronici e i disabili debbano continuamente farsi certificare il loro stato per avere medicine, prescrizioni e servizi ai quali hanno diritto».
Ma per la digitalizzazione e il Pin unico ci sono date certe?
«Sì: il 6 giugno è scattato l’obbligo della fatturazione elettronica per le amministrazioni centrali. Entro marzo 2015 l’obbligo scatterà anche per gli enti locali. La date per il processo civile telematico è fissata per il 30 giugno, l’anno prossimo sarà la volta di quello amministra- tivo. Entro la fine del 2015 il Pin unico sarà a regime ».
Per fare tutto questo lavoro digitale basteranno 15 mila nuovi assunti?
«I giovani che entreranno nella pubblica amministrazione saranno di più. Le stime sono state fatte solo considerando gli effetti dell’abolizione del trattenimento in servizio per i prossimi tre anni. Ma non abbiamo tenuto conto degli effetti delle altre misure: divieto di lavorare nella pubblica amministrazione se sei in pensione, agevolazioni sul part time, maggiore flessibilità garantita sul turn over, blocco di assunzione dei dirigenti per due anni che vanno ad aumentare le assunzioni dei funzionari. E poi abbiamo anche introdotto la possibilità, per le amministrazioni, di far andare in pensione chi ha maturato il massimo di contributi senza aver ancora raggiunto l’età richiesta. Alla fine i nuovi ingressi saranno più di 15 mila, ma qui non si tratta di dare numeri, ma di invertire un sistema, una tendenza ».
Cosa le piace di questa riforma, qual è la norma che le ha dato maggior soddisfazione e a cosa invece ha dovuto rinunciare?
«Non ho rinunciato a nulla, però qualche volta ho cambiato idea, come sull’esonero dal servizio: misura che pensavo di introdurre, ma che ho vista bocciata in tante delle 40 mila mail che abbiamo ricevuto. Mi hanno convinto. La cosa che invece mi ha dato maggior soddisfazione è stata vedere che dentro le amministrazioni la maggioranza delle persone vuole il cambiamento, vuole partecipare».
E ai 300 mila precari cosa porterà questa riforma?
«Invertire la tendenza crea opportunità. Prima di tutto bisogna garantire il posto ai vincitori di concorso ancora non assunti, anche per questo abbiano cancellato la doppia autorizzazione a bandire e ad assumere. L’autorizzazione deve essere una sola. E poi dobbiamo cercare di fare quanti più concorsi possibili dando ai precari della pubblica amministrazione punteggi nei concorsi stessi».
Repubblica – 15 giugno 2014