Per abbattere le liste d’attesa (che comunque la Regione non rende note da un anno) la giunta Zaia ha approvato (con la delibera 1307 – allegato A) l’istituzione di un fondo di un milione di euro destinato alle 24 aziende sanitarie per l’acquisto di prestazioni aggiuntive dai propri medici, in regime di libera professione (intramoenia). Il finanziamento, recita la delibera, serve anche ad «ampliare l’attività dei servizi ambulatoriali e radiologici nei giorni festivi, prefestivi e negli orari serali 20/24, questi ultimi da attivarsi principalmente nelle giornate di lunedì e mercoledì». L’importo citato, precisa il dispositivo, rappresenta «il massimo delle obbligazioni di spesa assumibili dall’amministrazione regionale e potrà essere utilizzato solo qualora non fossero sufficienti le risorse destinate alla stessa finalità».
Il decreto Balduzzi impone infatti il prelievo di un ulteriore 5% su ogni prestazione svolta dai camici bianchi in intramoenia, in aggiunta al 20%-30% già versato all’Usl di appartenenza. Questo secondo balzello, che per il Veneto vale circa 3 milioni l’anno, è vincolato dalla legge ad interventi di prevenzione oppure alla riduzione delle liste d’attesa.
Al 5% — che le Usl stanno prelevando a macchia di leopardo, alcune da novembre, un gruppo da gennaio e altre da poco, senza aspettare la prevista contrattazione sindacale — la Regione ha dunque deciso di aggiungere questo stanziamento ad hoc. E ha incaricato il segretario della Sanità, Domenico Mantoan, di definire l’ammontare delle quote da assegnare ad ogni azienda, a seconda dei piani delle attività e relativamente al periodo settembre/dicembre 2013. Se poi le stesse aziende ritenessero necessario richiedere prestazioni aggiuntive anche a infermieri e tecnici di radiologia, a supporto dei camici bianchi, dovranno provvedere con risorse proprie, senza superare la spesa 2006. Limite che Mantoan potrà autorizzare a sforare dietro richiesta motivata. «Si è provveduto a fornire alcune importanti indicazioni sulle principali azioni da porre in essere per superare le criticità esistenti — recita la delibera — affinchè ciascuna azienda possa migliorare la propria capacità d’offerta».
Ma Cittadinanza Attiva-Tribunale del Malato storce il naso. «Il solito spot — denuncia il presidente regionale, Flavio Magarini — un’iniziativa più di facciata che di sostanza. Un milione di euro è niente rispetto alla lunghezza delle liste d’attesa: diviso per 24 aziende, significa 12 ore di prestazioni aggiuntive per Usl. E che differenza può fare? Anche perchè quale medico si prenderà la briga di lavorare di notte o nei festivi, se la libera professione consente guadagni già consistenti?». Magarini è scettico anche sulle visite di notte: «I principali consumatori di prestazioni sono pazienti cronici e anziani, per i quali è un grosso disagio spostarsi da casa alle 22 o alle 23, quando tra l’altro non ci sono più i mezzi pubblici ed è meno sicuro. A quell’ora gli esami andrebbero fatti sui ricoverati, lasciando agli esterni fasce più agevoli». E i medici, che ne pensano? «Il fondo aggiuntivo è apprezzabile, ci trova d’accordo — dichiara Salvatore Calabrese, segretario regionale dell’Anaao, sindacato degli ospedalieri — ma c’è la necessità che quanto stabilito dalla delibera venga correttamente e integralmente applicato da tutte le aziende. Cosa che non sempre avviene in relazione ai provvedimenti regionali».
Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 28 luglio 2013