Le Previsioni economiche d’Inverno della Commissione europea hanno evidenziato varie criticità italiane su maxi debito, deficit, crescita e disoccupazione, che «a maggio» possono provocare una procedura d’infrazione comunitaria politicamente delicata per il governo di Matteo Renzi. Ma i toni sono apparsi diversi tra le due componenti dell’istituzione di Bruxelles, con quella principale filo Berlino molto più rigida verso Palazzo Chigi.
Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha sminuito i rischi ventilati dalla Commissione affermando che le stime «sono state riviste al ribasso per tutti i Paesi della zona euro». Il presidente della Bce Mario Draghi, durante un intervento alla Bundesbank, epicentro del rigorismo finanziario tedesco, ha garantito l’impegno a riportare l’aumento dei prezzi verso il 2%, che favorirebbe la gestione del maxi debito italiano, pur segnalando che «nell’economia globale ci sono forze che concorrono a tenere bassa l’inflazione».
Già nella titolazione, le Previsioni sull’Italia annunciano per il 2016 un «peggioramento del deficit strutturale» (a meno 1,7%) e il rapporto debito/Pil in discesa solo «leggera» (al 132,4%) rispetto al record negativo del 2015 (132,8%). La crescita di quest’anno è stata rivista al ribasso (1,4%) sulle Previsioni d’Autunno, specificando il ritardo sulla media Ue. La stima di deficit 2016 sale al 2,5%. La disoccupazione si riduce lentamente (dall’11,9% del 2015 a 11.4% e 11.3% nel biennio successivo). I crediti inesigibili appesantiscono il sistema bancario.
Le Previsioni della Commissione europea hanno un valore tecnico limitato perché risultano quasi sempre sbagliate e da correggere nella tornata successiva. Ma stavolta appaiono un indicatore dello scontro in corso tra Palazzo Chigi e l’istituzione comunitaria.
Il commissario Ue per gli Affari economici, il socialista francese Pierre Moscovici, che in parte condivide l’opposizione del governo Renzi alle politiche di austerità sollecitate soprattutto dalla Germania, ha invitato Renzi alla «serenità» e alla ricerca di un«compromesso» sulla flessibilità di bilancio nell’ambito delle attuali regole del patto di Stabilità. Il presidente filo Berlino della Commissione, l’europopolare lussemburghese Jean-Claude Juncker, ha fatto sapere di non condividere le critiche di Palazzo Chigi sul mancato rispetto dell’accordo politico tra il suo partito Ppe e gli eurosocialisti, che prevedeva più flessibilità nei conti pubblici nazionali (mentre l’Italia ancora non sa se otterrà pochi decimali di Pil richiesti) e investimenti adeguati per la crescita (solo 40 miliardi sugli oltre 300 promessi e pur minimi come stimolo per ben 28 Paesi membri). Juncker, tramite il portavoce, si è autodichiarato «il padre del virtuoso approccio a triangolo sulle politiche economiche, che contraddistingue la sua Commissione e che combina riforme strutturali, responsabilità di bilancio e un ambizioso programma di investimenti». Il suo vicepresidente finlandese e filo Berlino, Jyrki Katainen, è stato più netto escludendo che l’Italia possa ottenere una interpretazione delle regole «ancora più flessibile». Renzi oggi a L’Aia va a cena con il premier olandese Mark Rutte, presidente di turno del Consiglio Ue e alleato di Berlino, per trattare più spazi per il rilancio della crescita e per cercare di respingere la linea dura di Juncker e Katainen nella Commissione europea.
Ivo Caizzi – Il Corriere della Sera – 5 febbraio 2016