L’ITALIA continua a dare all’Unione europea più di quanto riceve, pari a 5,4 miliardi nel 2014. Un concetto che rende il senso di 251 pagine di analisi che la Corte dei Conti fa dei «Rapporti finanziari con la Ue e l’utilizzazione dei fondi comunitari». I giudici contabili fanno le pulci alla nota spese europea che ci riguarda e le loro conclusioni non sono confortanti perché quello che rientra nella Penisola sotto forma di fondi Ue, non solo è progressivamente diminuito ma è anche gravemente minacciato da frodi e imbrogli di ogni tipo.
Così tra esborsi miliardari e ritorni inferiori (perché la Ue sembra aver stretto i cordoni della borsa nei nostri confronti) su cui stare con il microscopio acceso, l’Italia è in affanno sulla scena internazionale, e il nostro Paese deve anche pagare una quota di rimborsi al Regno Unito. Insomma, non siamo sempre noi i cattivi della fila destinati a stare dietro la lavagna. Eppure è il posto dove l’Europa predilige confinarci.
NEL 2014 è aumentato il disavanzo per l’Italia tra i versamenti effettuati e gli accrediti ricevuti dall’Unione Europea: è salito a 5,4 miliardi di euro, mentre nel 2013 era di 4,9 miliardi. La Sezione di controllo per gli affari comunitari ed internazionali ha constatato un peggioramento della tradizionale posizione di contribuente netto del nostro Paese. La riduzione dell’apporto italiano al finanziamento del bilancio dell’Unione (-7,5%), non ha evitato il peggioramento della nostra posizione a causa di una notevole flessione degli accrediti ricevuti dall’Unione per la realizzazione di programmi europei (-15,1%).
Il totale dei «saldi netti negativi» per l’Italia, nel settennio 2008/2014, è risultato pari a 39 miliardi. Un botto di soldi, anche per gli inossidabili magistrati della Corte dei Conti. In più la situazione ci mette in linea con Paesi più virtuosi come Germania e Francia.
ANDIAMO peggio, invece, sul fronte degli imbrogli legati all’erogazione di soldi Ue. Tanto che, scrivono i giudici nella Relazione «Il fenomeno delle irregolarità e frodi desta allarme». Perché: «L’illecita distrazione dei fondi concessi danneggia le finalità specifiche delle sovvenzioni che attengono alla riqualificazione professionale dei lavoratori e allo sviluppo delle attività imprenditoriali». La Corte da’ anche i dettagli: «Nel 2014 la spesa irregolare ha riguardato per il 65,8% i fondi strutturali, per il 33,3% la politica agricola e per lo 0,9% la pesca». Di più: «Concerne per il 59% le Regioni e per il 41% le amministrazioni nazionali».
Il problema imbrogli è al primo posto ma c’è anche un secondo aspetto: il mancato utilizzo o il ritardo nell’utilizzo degli stessi fondi. Per far fronte alla situazione (ed evitare la perdita di risorse) l’Italia, d’intesa con la Commissione Ue, ha ridotto la quota di cofinanziamento nazionale con il Piano di Azione Coesione fino al trasferimento di oltre 13 miliardi di euro per gli interventi ricompresi a favore di quattro regioni del Mezzogiorno.
La Nazione www.lanazione.it – 16 marzo 2016