«Made in» per tutti i prodotti, meno che per gli alimentari. Mentre Bruxelles stringe ancora di più le maglie per garantire la provenienza dei prodotti rendendo obbligatoria l’indicazione d’origine e la tracciabilità delle merci commercializzate in Europa, sull’agroalimentare non c’è ancora una linea condivisa tra i partner europei. E l’etichetta-supertrasparente avanza, ma con molta fatica.
Carni bovine, frutta, uova, miele, olio, latte fresco e miele già schedati
La Coldiretti, che da anni sta facendo dell’origine la sua battaglia, ha rilanciato oggi la questione alla luce delle nuove decisioni della Commissione Ue. L’organizzazione guidata da Sergio Marini torna così a «denunciare la pressione delle lobby» che hanno rallentato il regolamento europeo 1169/2011. La normativa prevede informazioni sugli alimenti ed è stata approvata nel 2011 dopo 46 mesi di discussioni ma entra in vigore solo il 13 dicembre 2014. Con questo regolamento diventerà obbligatoria l’indicazione della provenienza delle carni suine, ovine, caprine e del pollame. Comunque non si parte da zero, perchè anche se faticosamente molti prodotti sono già «schedati» in modo chiaro. L’indicazione di provenienza obbligatoria per la carne bovina è stata introdotta sull’onda della mucca pazza già nel 2003. Ma l’etichetta che traccia l’identikit del prodotto c’è anche su ortofrutta fresca, passata di pomodoro, latte fresco, pesce, uova, miele ed extravergine d’oliva.
Sui polli l’Italia ha giocato d’anticipo
L’Italia ha anche giocato d’anticipo sulle carni di pollo e derivati, una mossa che risale al 2005 dettata dalla necessità di identificare i prodotti avicoli dopo l’emergenza dell’influenza aviaria. Ma resta ancora anonimo un altro consistente «paniere» costituito da pasta, pane, salumi, carni di coniglio e cavallo, ortofrutta trasformata, derivati del pomodoro, formaggi, carni di pecora e agnello e latte a lunga conservazione.
Ancora anonimo un ricco paniere
La Coldiretti ricorda anche che all’inizio ella legislatura era stata approvata una legge, la n.4 del 2011, che dettava regole sull’etichettatura e la qualità del made in Italy alimentare, ma non è stata applicata perchè– sottolinea l’organizzazione agricola «mancano i decreti attuativi per paura delle minacce comunitarie di una procedura di infrazione».
Impallinate da Bruxelles le normative italiane degli ultimi anni
In realtà l’Italia ha più volte provato a bypassare Bruxelles, ma le leggi approvate dal nostro Parlamento sono state puntualmente impallinate dalla Ue. Per quanto riguarda l’ultimo provvedimento del 2011, lo stop è stato dettato dal fatto che andava a incrociarsi con il regolamento comunitario poi approvato. La strada comunque anche nella Ue sembra ormai tracciata. E il significativo passo avanti fatto per il «made in» potrebbe favorire la svolta anche per l’agroalimentare. Il caso poi della carne di cavallo spacciata per manzo utilizzata nelle lasagne vendute in Gran Bretagna potrebbe dare un’ulteriore spinta.
Il sole 24 Ore – 14 febbraio 2013