Duecento milioni di dosi. Per cento milioni di persone. È attorno a questi due numeri che l’Italia sta preparando la più importante campagna vaccinale della sua storia, quella che dovrebbe fare uscire il Paese dall’incubo Covid. Lo sta facendo con due interrogativi: si è nei tempi, come sostengono i tecnici, o in ritardo come denunciano le aziende del settore? Ma soprattutto: i vaccini ci saranno? Il cronoprogramma sarà rispettato?
I timori
La seconda domanda è, evidentemente, quella cruciale. La prova sta proprio nei numeri. L’Italia ha ordinato molte più dosi di quelle che sarebbero necessarie. I motivi sono tre: in molti potrebbero essere rivaccinati se la somministrazione non dovesse ottenere effetto. C’è la paura che alcune dosi possano andare perse per un problema di conservazione o di somministrazione: devono essere utilizzate siringhe ad altissima precisione (che al momento non ci sono) per somministrare il farmaco. Ma, soprattutto, non si sa ancora se e quando le dosi del vaccino saranno davvero disponibili. «Dunque — dicono i tecnici — meglio essere previdenti». Ieri, nel corso di “Che tempo che fa”, il presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli, ha usato parole assai rassicuranti: «Credo che la prossima settimana due vaccini che usano la metodologia dell’Rna virale saranno sottoposti all’approvazione dell’Ema e che potremmo avere i primi due sieri come regalo di Natale. Dal 15 gennaio potranno partire le prime somministrazioni alle categorie più esposte».
Il riferimento è a quelli di Pfizer e Moderna. Ma il timore arriva da un altro lato. A preoccupare è stato l’inciampo in cui è caduto il vaccino di AstraZeneca, quello pensato sull’asse Oxford- Italia, su cui l’Europa e l’Italia avevano tanto investito per alcuni indubbi punti di forza: il prezzo più basso e la possibilità di conservarlo a temperature più agevoli rispetto ai concorrenti. E che ora potrebbe dover, addirittura, ricominciare i trial. Allungando i tempi a chissà quando.
I rifornimenti
Il commissario Ue per l’Economia, Paolo Gentiloni, ha usato parole precise ieri in un’intervista a “Mezz’ora in più”, su Rai 3: «La Commissione ha negoziato con sei grandi case farmaceutiche per un potenziale di quasi due miliardi di dosi. A gennaio è possibile che si comincino ad avere ma i cittadini italiani devono sapere che arriveranno contemporaneamente a tutti i Paesi europei. Ci saranno parità di condizioni per tutti». Al momento nessuno dei vaccini ha ricevuto il via libera dell’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali, necessario per essere messo sul mercato.
Più avanti, tra tutti, è quello prodotto da Pfizer che ha promesso 200 milioni di dosi all’Europa. In Italia ne dovrebbero arrivare 27 all’incirca, per vaccinare quindi 13,5 milioni di persone. Di questi 3,4 sono attesi nell’ultima decade di gennaio mentre le altre dovrebbero arrivare nel corso del 2021. Per Pfizer Ema si riunirà il 22 dicembre e poi l’11 gennaio. Se arriva il via libera, servono 48 ore per la commercializzazione. I tempi sono gli stessi per Moderna che ha promesso 10 milioni di dosi all’Italia e 80 all’Europa: da noi ne sono previsti poco meno di dieci milioni di dosi, in una parte minima nel primo trimestre 2021 e poi a salire sino a settembre.
L’Italia aveva ordinato invece ben 40 milioni di dosi ad Astra-Zeneca, tre delle quali attese a gennaio (ma i tecnici ritengono quella consegna ormai molto difficile) e le altre entro giugno. Trenta milioni di dosi sono state poi ordinate a CureVac, soprattutto nel quarto trimestre del 2021 e nel primo del 2022. Cinquantatré a Johnson & Johnson a partire da giugno e 40 a a Sanofi, non prima però di settembre.
La distribuzione
Quando i vaccini arriveranno sarà necessario distribuirli. Il commissario Domenico Arcuri, insieme con i rappresentanti delle Regioni, incontreranno oggi i vertici della Pfizer: tra le cose da discutere le modalità di packaging con cui le dosi di vaccino arriveranno in Italia.
È ormai certo che sarà Pfizer a curare il trasporto, a meno 70 gradi, fino ai cento punti individuati dal commissario e dalle Regioni, per lo più ospedali. Visto che nella prima tranche saranno vaccinate soprattutto le categorie a rischio. Il ministero della Salute ha individuato una prima lista a cui distribuire le 3,4 milioni di dosi per 1,7 milioni di persone: 800mila saranno gli operatori sanitari, che verranno dunque vaccinati quasi al 60 per cento. Altri 800mila andranno invece nelle Residenze sanitarie per gli anziani, tra ospiti (300mila) e addetti (500mila). Verranno infine vaccinati 100mila militari che dovrebbero poi provvedere alla somministrazione dei vaccini nella seconda fase.