di Valeria Zanetti. I medici di tutte le sigle sindacali hanno lanciato l’allarme nelle settimane scorse, lamentando «il progressivo degrado della sanità véneta». Ma la situazione nell’Ulss 22 sembra peggiore rispetto alla media regionale. A denunciarlo, il sindaco di Nogarole Rocca, Paolo Tovo, che ha inviato in settimana una lettera aperta a tutti i primi cittadini della 22 e chiede al presidente della Conferenza dei sindaci, Graziella Manzato, di aprire un confronto con i medici per raccogliere gli elementi di criticità sul territorio e arrivare ad un chiarimento con il direttore generale dell’azienda sanitaria di Bussolengo, Alessandro Dall’Ora e con l’assessore regionale alla sanità, Luca Coletto.
Chiarimento finalizzato anche a stabilire come indirizzare le risorse che dovrebbero derivare dal progressivo rientro in bilancio dei 70milioni di euro di avanzo dell’Ulss, finiti a ripianare il rosso dell’azienda ospedaliera. In attesa che la ricognizione con i camici bianchi possa cominciare, però, Tovo fa la conta delle difficoltà che ha rilevato personalmente o che gli vengono riferite dai concittadini e che si riscontrano agli sportelli dei distretti, ai servizi o nei reparti degli ospedali locali. «I pronti soccorso ed i servizi di emergenza dell’Ulss 22», evidenzia, «sono spesso di pura facciata: non sono inseriti in veri e propri ospedali e quindi risultano privi delle sufficienti condizioni operative generali. L’obiettivo dell’accesso ad un pronto soccorso entro i famosi venti minuti, da parte del paziente in situazione critica, non è alla portata di tutti gli utenti dell’Ulss, in particolare, alcuni territori a sud ed in montagna non hanno garantite queste prestazioni essenziali».
E di nuovo: «II riordino della rete ospedaliera, non ancora definito ed attuato, vede reparti specialistici ancora operativi in ospedali “fantasma”, con servizi e strumentazioni di supporto al lumicino, come ad Isola della Scala. Ciò provoca difficoltà oggettive per i pazienti e per coloro che operano al loro servizio». Intanto, «assistiamo alla fuga degli specialisti che impoverisce i centri di cura sul territorio. Infine, tempi di attesa per le prestazioni e per le certificazioni di invalidità restano troppo lunghi per una sanità definita d’eccellenza». Il tutto in un contesto di scarsità di risorse per cui i cittadini si rivolgono al pubblico, senza alternative. E in una situazione di radicale difformità di giudizio tra chi vive la sanità tutti i giorni e chi invece la governa politicamente e la considera ancora un fiore all’occhiello, senza misurarsi con le sue inefficienze.
L’Arena – 22 novembre 2014