di Margherita De Bac. Se il bilancio è a posto, ma i cittadini devono aspettare diverse settimane per un esame che andrebbe fatto in tempi brevi, il direttore generale ne risponderà fino a poter essere rimosso. «Oggi l’unico parametro per la valutazione del lavoro di un manager è il riequilibrio finanziario. Importante sì, però il nostro sistema per essere efficiente ha bisogno di persone in grado di migliorare i servizi, non solo di tagliare i costi. Quindi riduzione delle liste di attesa e garanzia dei nuovi Lea (livelli, essenziali di assistenza, l’elenco delle prestazioni e terapie rimborsate) sono determinanti per la conferma dell’incarico», sostiene la ministra della Salute Beatrice Lorenzin.
La sua riforma sulle nomine dei manager (direttori generali, sanitari e amministrativi di Asl e ospedali), è stata approvata. Cosa cambia?
«Viene rifondato il sistema di selezione, nomina e riesame dei professionisti che governano il servizio pubblico. I manager apicali verranno selezionati e inclusi in un albo unico nazionale da una commissione del ministero rinnovata ogni due anni. Entra in elenco chi ottiene un punteggio per titoli da 75 a 100, età massima 65 anni. Vogliamo svecchiare e favorire l’ingresso dei giovani. Viene richiesta un’esperienza quinquennale nel settore sanitario e di sette anni in altri campi. Vengono istituiti corsi di formazione».
Le Regioni restano fuori dal meccanismo delle nomine, una rivoluzione rispetto all’attuale procedura?
«L’ultima parola spetta alla giunta regionale che indicherà uno dei tre o cinque candidati dell’albo che hanno risposto al bando. La rosa viene indicata da una commissione locale formata da esperti di qualificate istituzioni scientifiche».
Uno degli obiettivi è sottrarre le nomine alla discrezionalità della politica. Sarà un modello impermeabile alle solite pressioni?
«Non sarebbe giusto escludere completamente la politica dalla sanità. La sintonia tra dirigenza sanitaria e Regioni è necessaria per favorire il raggiungimento degli obiettivi che sono il miglioramento dei servizi e, in particolare lo ripeto, la riduzione delle liste di attesa, il rispetto dei Lea e la comunicazione dei dati al nostro sistema informatico nazionale. La selezione a monte garantisce merito e trasparenza».
La cattiva sanità è solo mala gestione?
«Se la testa non funziona i reparti non rendono, il pronto soccorso va in tilt, i servizi sul territorio soffrono. La differenza tra bravi e non bravi si vede eccome. Adesso ci sono regole certe. Stiamo parlando di poche decine di direttori che gestiscono i 110 miliardi del fondo sanitario nazionale. Chi lavora bene verrà premiato».
È cominciata la battaglia per la difesa del fondo sanitario del 2017?
«Battaglia mai finita, il prossimo anno bisogna arrivare a 113 miliardi. L’aumento dovrebbe essere costante nel tempo compatibilmente con l’aumento del Pil. Sono soddisfatta dei risultati di questo triennio: Lea, Patto della Salute (accordo Stato-Regioni su gli obiettivi comuni), creazione della centrale unica per l’acquisto di beni e servizi, a settembre siamo pronti con la nuova governance dei farmaci. Manca un pezzo: la sistemazione dei precari e lo sblocco del turn over. Spero nella legge di Stabilità».
Il Corriere della Sera – 30 luglio 2016