«Pensioni, un piano a tappe per evitare il no della Ue». Il ministro Poletti: sulla flessibilità «vedremo se sarà possibile renderla strutturale»
Non spaventare Bruxelles. C’è un dettaglio significativo nel progetto del governo per la flessibilità delle pensioni, l’uscita anticipata con assegno più leggero che dovrebbe entrare nella prossima Legge di Bilancio. Un passaggio che la dice lunga su quanto siano delicati i rapporti fra Roma e i controllori di Bruxelles.
La norma allo studio del governo prevede che l’uscita anticipata riguardi solo le persone nate tra il 1951 e il 1953. Non una (contro) riforma strutturale della Legge Fornero, dunque. Perché una scelta del genere farebbe scattare l’allarme rosso negli uffici della commissione europea, chiamata a dare il suo giudizio sulla Legge di Bilancio, e sempre severa sull’equilibrio dei conti. Dal punto di vista formale, la flessibilità sarebbe un provvedimento one shot , che riguarderebbe solo i nati tra il ‘51 e il ‘53. Misura limitata nel tempo, costi contenuti e via libera assicurato da parte di Bruxelles. Ma se davvero così fosse la flessibilità allo studio non risolverebbe un problema, il progressivo invecchiamento dei lavoratori italiani con relativo «tappo» per i più giovani. Ma lo sposterebbe solo più in là. Ed è per questo che, pur senza diventare stabile, la misura potrebbe essere confermata anno dopo anno. In modo da coinvolgere anche le persone nate nei trienni successivi, dal ‘52 al ‘54, poi dal ‘53 al ‘55, e così via. Un progetto a tappe, un artificio tattico che consentirebbe di portare a casa il risultato senza andare allo scontro diretto con l’Ue. È lo stesso ministro del Lavoro Giuliano Poletti a confermare, indirettamente, questa strategia: la flessibilità, dice, «sicuramente durerà nel tempo, se saremo in grado di farlo in termini permanenti, strutturali, lo vedremo più avanti».
Nel merito, il progetto del governo resta quello annunciato nei giorni scorsi. Con l’uscita anticipata possibile fino a un massimo di tre anni e un taglio dell’assegno in media del 4% per ogni anno, ma variabile a seconda del livello della pensione.
Oggi scendono in piazza i sindacati dei pensionati. Non chiedono tanto la flessibilità, loro rappresentano chi è già fuori. Ma «interventi urgenti»: a partire dall’estensione del bonus da 80 euro per gli assegni più bassi che, dopo l’annuncio di qualche tempo fa, sembra sparita dal radar del governo.
Il Corriere della Sera – 19 maggio 2016