VERONA — Racconta Alessandro Anderloni che le antiche storie della Lessinia dimostrano come «un tempo la convivenza tra uomini e lupi fosse possibile». D’altra parte, sono animali schivi: in un suo spettacolo, chiamato «Inverno da Lupi», lo stesso regista e attore teatrale di Velo Veronese li paragona a dei contrabbandieri, «fuggiaschi in un inverno di vento e neve».
Ma oggi che in Lessinia i lupi sono tornati davvero dopo secoli di assenza, circolano anche altre storie, specialmente dopo che diversi allevatori si sono trovati con le proprie vacche sbranate dai nuovi predatori: corre voce che siano stati importati dal Nord, imbastarditi con il cane, pericolosi. Avvisati i ciaspolatori notturni. «Meglio sparargli», dice qualche cacciatore.
Sono in tanti a non credere alla straordinaria storia del ritorno spontaneo del lupo sulle montagne veronesi, che sarebbe il frutto dell’incontro casuale di un lupo sloveno (ribattezzato «Slavc) con una lupa italica («Giulietta»), a non commuoversi alla vista dei loro cuccioli immortalati dalle fototrappole delle guardie forestali. «Ma è un evento di enorme valore scientifico» protesta Silvia Allegri, consigliere provinciale del Pd e vicepresidente della Comunità montana, che si scaglia contro «chi sta cavalcando la paura e mette in giro fobie che non hanno senso di esistere». Non ci si fida nemmeno delle parole degli esperti, come quelle della professoressa Francesca Marucco dell’Università di Torino, tra i massimi conoscitori di ungulati: «La ricolonizzazione spontanea dei lupi è un fenomeno che sta avvenendo in tutto l’arco alpino negli ultimi trent’anni, dovuto all’abbandono delle montagne e conseguente rimboschimento».
«Dubito fortemente che sia andata così – dichiara Adelino Brunelli, consigliere provinciale della Lega Nord di Grezzana – l’incontro del maschio e della femmina mi pare una cosa pilotata. E poi qui ci sono i pascoli, non è un habitat adatto». Dello stesso avviso Stefano Valdegamberi, consigliere regionale di Futuro Popolare, di Badia Calavena: «Io alle favole non ci credo. Sono messe in giro da ambientalisti con la pancia piena. La Lessinia non è come gli Appennini, dove l’agricoltura è stata abbandonata. Il 50 per cento dell’allevamento di montagna del Veneto viene da qui, abbiamo 360 malghe. Ora c’è pure chi sta provando con grande fatica a reintrodurre l’antica pecora brogna. E noi che facciamo? Gli mettiamo in mezzo i lupi?». Ragionano così i politici schierati con gli allevatori, che hanno perso finora almeno 24 capi (questi quelli accertati) a causa dei lupi. C’è un progetto europeo per la tutela del lupo, cui anche la Regione Veneto ha aderito, che attira i maggiori sospetti. «Hanno sbagliato ad aderire, non hanno minimamente coscienza di cos’è la Lessinia», protesta Valdegamberi. Brunelli ne ha chiesto conto direttamente all’assessore regionale (anch’egli leghista) Daniele Stival: «Mi ha detto che aderire era l’unico modo per poter risarcire i danni della predazione del lupo. Ma io mi batterò perché il lupo venga spostato in una zona più idonea». E Valdegamberi incalza: «Via i lupi dalla Lessinia. O altrimenti riportiamoli anche in pianura, dove potranno cibarsi dei cani e dei gatti di tanti ambientalisti della domenica».
Ovviamente, le cose sono sempre più complesse di come appaiano. A differenza del cinghiale, altro grande spauracchio degli agricoltori di montagna, per cui è stata aperta una caccia selettiva, il lupo è un animale protetto, e non si può toccare. Oltretutto, il branco di lupi veronese si è insediato nel cuore di un parco regionale, quello della Lessinia, che gode di tutte le tutele del caso. Sono gli allevatori che, quindi, devono pensare a proteggersi. «Non sono abituati ad avere a che fare con i predatori, tocca agli enti locali aiutarli», sottolinea la professoressa Marucco. Si va da semplici accorgimenti, come l’uso dei cani pastore, a sistemi di recinzioni, anche elettrificate, che richiedono investimenti ingenti. Una montagna più a misura di lupo? «Può portare grandi benefici al turismo, basta prendere esempio da quanto fatto in Abruzzo», dice Allegri. Concorda Anderloni: «I più gravi danni li ha sempre fatti l’animale uomo, altro che lupi e cinghiali. E il futuro del parco sarà sempre più legato alla promozione turistico-ambientale. Ce lo insegna anche questo inverno senza neve». Ma è un messaggio che faticherà a mettere radici. «Prima i cinghiali, adesso il lupo, poi arriverà l’orso – borbotta Brunelli – qui c’è gente che parla e la Lessinia l’ha vista solo in cartolina. Non ce ne verrà nessun beneficio economico, solo danni».
Alessio Corazza – Corriere del Veneto – 27 dicembre 2013