Sulla legge di stabilità arriva una secca bocciatura dalla Cgil, la Uil vede «più ombre che luci», mentre la Cisl evidenzia diverse criticità, sottolineando però anche alcuni elementi positivi. Ad unire i sindacati sono i timori per i tagli delle risorse a Caf e patronati, insieme alle critiche per le scarse risorse destinate al rinnovo del contratto del pubblico impiego, contro le quali le categorie si stanno mobilitando. La flessibilità dei pensionamenti ed il Sud, secondo i sindacati, sono i grandi assenti dalla legge di stabilità 2016.
È questo, in estrema sintesi, il ventaglio di posizioni emerse ieri nelle audizioni alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato. Iniziamo dalla leader della Cgil, Susanna Camusso: la manovra «non introduce alcun elemento di selettività» sul piano fiscale, ha detto puntando l’indice contro il taglio della Tasi sulle prime case e dell’Imu che «ha l’obiettivo di dare di più alla fascia alta della popolazione», e creerà problemi agli enti locali, soprattutto alla Province che rischiano il «default». In nome dell’«equità, la Cgil rilancia la proposta di introdurre un’imposta sulle grandi ricchezze con aliquote progressive per i patrimoni, mobiliari e immobiliari, sopra gli 800mila euro. Negativo anche il giudizio sull’innalzamento dell’utilizzo del contante da mille a 3mila euro, su cui Camusso ha espresso «grandissima preoccupazione», considerando la misura «un messaggio incentivante per l’evasione». Nello stesso articolo «troviamo l’abrogazione dell’obbligo di pagare in modo tracciabile per gli affitti e la filiera dell’autostraporto – aggiunge la Cgil -, che è difficile da giustificare con la motivazione di stimolare i consumi o con i confronti internazionali». L’assenza di politiche per il Mezzogiorno e «l’ennesimo taglio a patronati e Caf», sono altri due punti critici per la Cgil.
Su questo c’è convergenza con il segretario confederale della Cisl, Maurizio Petriccioli: «Le misure che prevedono un taglio dei fondi per i patronati sono gravate da indizi incostituzionali», ha detto «perché si opera con l’utilizzo di risorse contributive previdenziali per temi di fiscalità generale, ne chiediamo lo stralcio dalla legge di stabilità».
Più articolato il giudizio della Cisl sull’insieme della manovra economica che «persegue il consolidamento della ripresa agendo soprattutto attraverso la riduzione della pressione fiscale sulle imprese e l’abbattimento del costo del lavoro», ma «rischia di essere poco incisiva sul piano del sostegno alla domanda interna ed insufficiente rispetto all’equità sociale». Per Petriccioli l’andamento dei consumi «rischia di rimanere negativamente condizionato dall’alto tasso di disoccupazione e dal blocco dei contratti nel pubblico impiego»; la neutralizzazione degli aumenti di Iva ed accise per il 2016 «è positiva, così come l’eliminazione della Tasi sull’abitazione principale e la detassazione dei premi di risultato per stimolare merito e produttività», ma «servono più investimenti pubblici, risorse adeguate per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego». Il fisco è un altro punto debole, secondo Petriccioli serve «l’assunzione di un respiro strategico che nell’orizzonte di previsione triennale della manovra riduca significativamente l’Irpef, a cominciare dal carico fiscale che grava sui redditi da lavoro e da pensione». Per Petriccioli il ripristino della flessibilità nell’accesso al pensionamento «non può essere ulteriormente rinviato ed è indispensabile per sbloccare il mercato del lavoro, anche per offrire nuove opportunità lavorative ai giovani».
Quanto alla Uil, Guglielmo Loy, chiede al Parlamento di ripristinare i fondi ai patronati e Caf, considera il taglio previsto dalla legge di stabilità «ingiustificato e inaccettabile», perché va «in controtendenza rispetto alla necessità di rendere più efficiente la nostra pubblica amministrazione senza penalizzare i cittadini». Più in generale, per Loy la legge di stabilità «è di stampo espansivo ma vi sono più ombre che luci», perché «mancano quei provvedimenti mirati alla crescita economica, non è prevista la riforma della legge Fornero e non c’è nulla per il Sud». L’aspetto più negativo, sempre secondo la Uil, «è il finanziamento, risibile, per il rinnovo dei contratti pubblici: i 300 milioni stanziati per il 2016 equivalgono a un incremento di soli 8 euro lordi. Questa scelta è in palese violazione della sentenza della Corte Costituzionale che ha prescritto di rinnovare i contratti dal 2015». La Uil ha calcolato che da gennaio 2009 a luglio 2015, con il blocco dei contratti i pubblici dipendenti hanno perso, in media, da 1.424 euro a 2.075 euro annui.
Anche per Francesco Paolo Capone (Ugl), i «grandi assenti della manovra sono il Mezzogiorno, il pubblico impiego, le pensioni, lo sviluppo e l’occupazione, le politiche di welfare e sanitarie, la lotta al sommerso».
Giorgio Pogliotti – Il Sole 24 Ore – 3 novembre 2015