Nel primo anno e mezzo di Governo la priorità è stata il salvataggio dell’industria manifatturiera e il lavoro dice Matteo Renzi alla Camera in apertura del “premier time”, l’appuntamento per le risposte immediate in Aula ai quesiti di maggioranza e opposizione. «L’Italia – scandisce – è fuori dalle sabbie mobili e ora possiamo dire: missione compiuta».
I numeri dell’economia sono voltati in positivo, i segnali di fiducia aumentano e la percezione del nostro Paese all’estero è cambiata: adesso non ci si chiede più come un anno fa se faremo o meno la fine della Grecia ma che ruolo avremo nel Mediterraneo. Di ritorno dalla missione newyorkese il premier non vuole lasciare il campo a dubbi o retropensieri: la prossima legge di Stabilità, che sarà espansiva con un effetto lordo di 27 miliardi, servirà per segnare la «svolta definitiva».
Nella parte del suo intervento dedicato alla politica economica, il premier è tornato ad enumerare le misure principali che entreranno in manovra rassicurando i deputati su un fatto: la politica fiscale si decide a Roma, non a Bruxelles. «Dobbiamo uscire da questa dinamica per cui ogni battito d’ali di una farfalla bruxellese costituisce elemento di preoccupazione». Renzi conferma che nel 2016 ci sarà il taglio di Imu e Tasi per le abitazioni principali e che verrà indicato il livello che avrà l’Ires nel 2017 «vogliamo migliorare rispetto a Germania, Francia e Spagna». Infine nel 2018 l’intervento sull’Irpef.
«L’Italia – ha insistito Renzi – è una delle poche che va in Europa con le carte in regola: la Spagna ha fatto sul deficit, nell’ultimo triennio, una media tra il 5,5% e il 6%; il Regno Unito finanzia la riduzione fiscale portando il deficit al 5% e la Francia avrà ragionevolmente un deficit tra il 3,5 e il 4%. A noi viene chiesto che l’Italia si rimetta in moto. Lo faremo rispettando le regole».
Tra le novità allo studio, spiega il premier nel corso del domanda-e-risposta, c’è una misura per far figurare che gli 80 euro riconosciuti in busta paga un anno fa ai lavoratori con redditi fino a 26mila euro lordi non risultino come un sussidio, ma come una riduzione fiscale. E ci sara una misura contro la povertà, in particolare quella infantile, cosa diversa dal reddito di cittadinanza: «In Italia la povertà si può combattere, si deve combattere, tornando alla crescita. Prima ancora di immaginare sussidi o interventi» ha spiegato Renzi poco dopo aver difeso l’Isee, indicatore della situazione economica dei nulei familiari, introdotto dai Governi passati: «Sicuramente siamo pronti ad una verifica, a discutere se qualcosa non funziona» ma secondo i «dati a disposizione c’è soddisfazione da parte degli utenti». In particolare, risulta che per circa l’80% dei nuclei le nuove modalità di definizione dell’Isee per persone con disabilità sono più favorevoli o indifferenti (11,7%), «ma c’è stata anche un’attenzione diversa dove i redditi non sono più autodichiarati, ma rilevati direttamente presso l’anagrafe tributaria».
Poi la difesa sul fronte della spesa sanitaria: «Abbiamo dati diversi su quanto avvenuto in questi anni» afferma Renzi rispondendo al capogruppo di Sel, Arturo Scotto: «Nel 2002 erano 75 i miliardi di euro del fondo sanitario nazionale; nel 2013 erano 106, quest’anno sono 110 e il prossimo anno saranno 111». In realtà la Nota al Def parla per l’anno prossimo di 113,3 miliardi a legislazione vigente e dunque il mancato aumento di risorse sarà di almeno due miliardi a cui si aggiunge (si veda il Sole 24ore del 9 settembre) il taglio di 2,35 miliardi sul 2015 disposto con il decreto enti locali, con effetto trascinamento sul futuro. Renzi s’è però detto pronto a cambiare: «Che si debba investire nella sanità è un dato oggettivo perché la gente invecchia e come avrebbe detto Woody Allen è sempre meglio dell’alternativa. Non ci sono tagli nella sanità ma dobbiamo dare un messaggio di tranquillità e se c’è da cambiare qualcosa nel provvedimento approvato qualche settimana fa, siamo pronti a farlo, anche perché non dobbiamo dare l’impressione ai cittadini che si tagliano le cure».
Infine la risposta al M5S sulle spese di funzionamento di Palazzo Chigi: «Un aumento di spesa a palazzo Chigi? È falso e tecnicamente smentibile. L’aumento di spesa nel 2015 è legato al fatto che siamo passati da 15 milioni di euro a 60 milioni di euro per il pagamento dei contenziosi legati alle borse di studio dei medici specializzandi. Sulle spese correnti c’è una diminuzione di 3 milioni di euro».
Davide Colombo – Il sole 24 Ore – 1 ottobre 2015