Per dirla con Piergiorgio Cortelazzo, capogruppo di Forza Italia per il Veneto: «Ci siamo arrivati all’ultimo secondo della legislatura, ma sarebbe stato davvero un peccato cestinare tutto ad un metro dal traguardo». E così con uno scatto di reni, alle 16.50 della seduta conclusiva del quinquennio (al di là della convocazione straordinaria di mercoledì prossimo sul caso Ca’ della Robinia), ieri il consiglio regionale ha finalmente varato il piano rifiuti atteso dal 2004.
Una legge che, fissando l’obiettivo del raggiungimento entro il 2020 del 76% di raccolta differenziata e dei 420 chili di spazzatura a testa e all’anno, di fatto blocca l’apertura di nuove discariche e l’attivazione di ulteriori termovalorizzatori.
Nel clima di campagna elettorale che ormai pervade palazzo Ferro Fini, soprattutto quest’ultimo stop è stato interpretato come una vendetta dei leghisti nei confronti dei tosiani, per il tramite degli emendamenti democratici. In questa chiave il consenso traversale registrato in sede di voto (su 33 partecipanti, solo un contrario e un astenuto) andrebbe letto come la ricompensa dei filo-Zaia al Partito Democratico per il congelamento dell’impianto di Ca’ del Bue fortemente sostenuto a Verona dal sindaco Flavio Tosi, tanto che la municipalizzata Agsm aveva chiesto al Tar la nomina di un commissario che si sostituisse al consiglio regionale, a lungo incapace di stendere il testo e dunque di sbloccare l’inceneritore.
Comunque sia alla fine il provvedimento è stato licenziato, ancorché solo nel giorno del grande pranzo di addio del decano centrista Carlo Alberto Tesserin, che si è congedato pubblicamente dall’assemblea così come il presidente Clodovaldo Ruffato (Ncd), il capogruppo pd Lucio Tiozzo e Gustavo Franchetto (Futuro Popolare). Dopo aver dato il via libera alle misure sull’editoria, l’aula ha deciso che «la riduzione della quantità e della pericolosità» dei rifiuti sarà il fondamento su cui si baserà l’adeguamento del Veneto alle prescrizioni europee. Motivo per cui anche il tosiano Maurizio Conte, assessore all’Ambiente, ha infine sorriso al risultato ottenuto al fotofinish: «Questo ha evitato il rischio di incorrere nella procedura di infrazione da parte della Commissione Europea, che aveva già fatto presente che il vecchio piano non era più conforme alla direttiva in materia, e la conseguente applicazione di pesanti sanzioni economiche».
Dunque almeno per ora le discariche resteranno 9 e gli inceneritori 2. «Adesso bisognerà capire cosa accadrà con lo Sblocca Italia e con i suoi propositi sulla rete nazionale dei termovalorizzatori – ha detto il leghista Nicola Finco, relatore del disegno di legge – ma intanto è stato importante aver chiuso il mandato con questo cruciale risultato». Ad esultare è pure Graziano Azzalin, prossimo capolista del Partito Democratico per la provincia di Rovigo: «Oggi è un giorno di festa non solo per Bergantino, perché la discarica di amianto non si farà, ma per tutto il Veneto. E questo grazie al Pd, che ancora una volta è stato opposizione governante ed ha garantito con i suoi 9 sì i 31 voti per approvare il piano».
Angela Pederiva – Il Corriere del Veneto – 30 aprile 2015