Niente carri armati né tamburi da campo di battaglia, ma trattori e striscioni che invitano a «fare la pace». L’esercito veneto degli agricoltori sfila a Verona e chiede lo stop dell’embargo russo che sta mettendo in ginocchio tutto il comparto agroalimentare. Sono circa 10mila i produttori e gli allevatori radunati da Coldiretti al Cattolica Center di via Germania per far sentire la propria voce, all’indomani di un’altro evento internazionale che rischia di gettare ombre sul futuro del settore: la Brexit.
Il bilancio dell’associazione di categoria è pesantissimo: nei primi due anni di embargo, in Italia il calo delle esportazioni verso Mosca ha sfiorato i 600 milioni di euro solo nel comparto agroalimentare, dei quali circa la metà rappresentati da ortofrutta, formaggi, carni e salumi. «E la situazione rischia di aggravarsi con la Brexit, con la svalutazione della sterlina e con la messa a rischio di un mercato come quello della Gran Bretagna che per noi italiani rappresenta la quarta piazza estera per le esportazioni nell’agroalimentare: si pensi che nei primi tre mesi del 2016 il solo prosecco ha aumentato l’export oltre Manica del 55%» denuncia il presidente nazionale Roberto Moncalvo. La scelta di Verona non è stata casuale perché la provincia scaligera è quella che ha risentito di più del braccio di ferro tra il Cremlino e Bruxelles: se a livello regionale lo stop alle importazioni decretato da Putin nel 2014 è costato circa 30 milioni all’anno (senza contare l’indotto tra magazzinaggio e trasporti), nel Veronese la scure ha tagliato circa 25 milioni secondo le stime del presidente provinciale Claudio Valente: «E so che Putin ora si avvale della consulenza dei nostri vivaisti per promuovere l’autosufficienza in agricoltura». Una situazione critica riconosciuta anche dal ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, ospite della mattinata insieme al governatore veneto Luca Zaia, al sindaco di Verona Flavio Tosi e a una nutrita pattuglia di primi cittadini arrivati da tutte e sette le province. «L’embargo russo ha rappresentato un grave problema per alcuni settori – ammette Martina -. Occorre un piano di azioni nuove nel contesto europeo, si tratta di scelte di ambito internazionale di cui l’Europa è protagonista, che non possiamo mettere in discussione in ragione della delicatezza del problema di politica estera. Ma l’Italia ha fatto la sua parte e si tratta di una parte molto più originale ed avanzata, all’interno della discussione europea, come testimonia la recente visita del nostro premier Matteo Renzi a San Pietroburgo e i dossier di collaborazione con la federazione russa che stiamo studiando». Il presidente regionale di Coldiretti, Martino Cerantola, ne ha per tutti: «Ci dicono che siamo il paradiso dell’agricoltura italiana, ma io dico che non ci siamo ancora: prezzi troppo bassi mettono a rischio la nostra sopravvivenza. Senza citare le banche; pensavamo di avere grandi imprenditori a gestirle e ci si ritrova senza miliardi di euro: un ostacolo allo sviluppo». A preoccupare è la ri-organizzazione messa in atto da Mosca. «Dobbiamo riconquistare gli scaffali dei supermercati russi» sintetizza il presidente Moncalvo, di fronte a una tavola imbandita di falsi parmigiani, pizze e prosecchi preparati in Russia. Fenomeno in espansione, quello del falso, specialmente dopo l’embargo, perché il fascino del Made in Italy continua ad affascinare anche a quelle latitudini.
Enrico Presazzi – Il Corriere del Veneto – 1 luglio 2016