Un referendum che porti, in meno di sei mesi, alla nascita di una macroregione del Nordest riunendo Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Sembra fantascienza con tempi tanto serrati, invece non lo è secondo il gruppo di giuristi, economisti e sociologi da cui nasce l’associazione «MacroRegione Triveneta». E ai sindaci, indipendentemente dallo schieramento, la proposta piace.
La leva per raggiungere l’obiettivo è sempre stata lì: articolo 132 della Costituzione, comma uno. L’ha spiegato ieri Ivone Cacciavillani, decano degli avvocati veneti e «vecchio federalista doc» come si autodefinisce: «Nell’anno in cui ricorre il centenario della nascita di Feliciano Benvenuti rilanciamo quella che è stata una sua grande intuizione, la macroregione delle Tre Venezie. Non siamo sognatori estemporanei, il primo comma dell’articolo 132 della Costituzione prevedeva già nel ’48 la possibilità di associarsi per le future regioni».
L’iter è articolato ma ben definito: se un terzo delle popolazioni interessate chiederanno con delibere-fotocopia dei propri Comuni la fusione (nell’arco di 90 giorni dalla prima delibera adottata), il Governo è tenuto a convocare un referendum. In caso di vittoria dei sì, la legge attuativa 352 del ’70 impone che il Parlamento discuta entro 60 giorni una proposta costituzionale di accorpamento. «Credo molto nella percorribilità di questa via – commenta Flavio Tosi, sindaco di Verona – e credo serva una fortissima convergenza veneta del tutto bipartisan, non cadiamo nella trappola della discussione politica, qui conterà il territorio, il partito dei sindaci per così dire. Naturalmente sarà necessario anche il sostegno di Friuli Venezia Giulia e delle province autonome di Trento e Bolzano ma i numeri dicono che basterebbe anche il solo Veneto per partire. In Friuli ci sono realtà fortemente disponibili, in Trentino Alto Adige invece c’è qualche comprensibile resistenza. I tempi però sono maturi, Toscana, Marche ed Umbria ci stanno pensando e a Roma c’è una proposta del Pd che però sconterebbe i tempi lunghi della riforma costituzionale».
Insomma, l’idea circola da un po’ e i contatti per preparare il terreno sono già in corso. Fra i promotori anche l’economista Ferruccio Bresolin che spiega come siano i territori a poter affrontare la crisi economica legata alla globalizzazione, non più gli Stati nazionali ormai in affanno. «Siamo un crocevia per la portualità dell’Alto Adriatico un ruolo che è quasi una servitù a favore di un’area più ampia. Un ruolo che andrà compensato ad esempio con residui fiscali che ora giriamo allo Stato». Tanto più che «per caduta» la macroregione Triveneta dovrebbe configurarsi a statuto speciale. Lo scenario prospettato piace molto ai sindaci.
Achille Variati, primo cittadino di Vicenza si dichiara «molto interessato» perché «è forse la prima volta che parte una proposta seria non dalla politica bensì da studiosi che hanno a cuore un territorio senza finalità strumentali. Un secondo aspetto positivo è la fondatezza storica di un territorio che per storia, vocazione orografica, economica e relazionale è omogeneo. Non deve però essere una proposta veneta “contro” gli attuali vicini. Le aree vaste hanno bisogno di essere ridisegnate. Studierò la proposta e se mi convince, aderirò. I potenziali vantaggi sono evidenti per il Veneto ma li vedo anche per Friuli Venezia Giulia, Trentino e Alto Adige. Insieme la potenza economica crescerebbe così come il peso politico di quest’area nei confronti di Roma».
Più cauta la Regione Veneto. «Tutto lo spazio di manovra nell’alveo legislativo e amministrativo che può portare beneficio a un territorio con un residuo fiscale che supera i 20 milioni di euro – spiega Gianluca Forcolin, vicepresidente della Regione – è senz’altro da mettere in campo, come Regione andremo avanti con il tema referendario per l’autonomia già nel 2016». La prova del nove è in programma a inizio marzo con un convegno a cui saranno invitati tutti i sindaci veneti. La location: il salone del Tiepolo, a Villa Pisani a Stra. All’ombra del Leone di San Marco, per così dire.
Il Corriere del Veneto – 7 febbraio 2016