Dopo l’estinzione dei primi del Novecento, nelle Alpi sono tornati centinaia di esemplari. Stavolta la belva ne ha sgozzate parecchie di pecorelle, consumando la sua ultima ecatombe in uno scenario da cartolina con cime abbondantemente innevate, grasse abetaie e radure di un verde stupefacente. «Ormai siamo circondati dai lupi e nessuno è più in grado di fermare le loro mattanze», si lamenta Jean-Jacques Lombard, un uomo alto e magro, col viso bruciato dal sole delle alture.
«Stamattina, quando sono salito al pascolo nella valle dell’Ubayette ho trovato una ventina di agnelli ancora agonizzanti. Ho dovuto sopprimerli io stesso, e le assicuro che i pochi euro con cui verrò risarcito dallo Stato non basteranno a ripagarmi di tanto orrore».
Perseguitato dai francesi con feroce accanimento per secoli, fino alla sua completa estinzione nel 1930, il lupo ha ricominciato a insediarsi in questi boschi agli inizi degli anni Novanta, quando i primi esemplari provenienti dai nostri Appennini scoprirono dall’altra parte del confine la manna di enormi greggi interamente incustodite. Il suo ritorno ha immediatamente risvegliato paure ataviche, facendo insorgere gli allevatori e riportando alla memoria una lotta cominciata con Carlo Magno. Oltralpe di questi prodigiosi predatori se ne contano oggi circa 250, sparsi in una quindicina di dipartimenti. Pochi mesi fa è stato avvistato un Canis lupus italicus perfino in Champagne, a soli 160 chilometri da Parigi.
In Francia, dove solo un terzo delle greggi è protetto dai cani, il problema è che gli attacchi sono ormai quotidiani, e in continuo aumento: dall’inizio dell’anno ne sono stati registrati già 200, e nel 2013 i lupi hanno predato oltre 2450 pecore. «O noi o loro: la pastorizia è in pericolo, e con essa questi splendidi paesaggi alpini che l’uomo ha scolpito nel tempo, perché il giorno che scompariranno le pecore, i boschi riprenderanno il sopravvento e ci ritroveremo come nel Medioevo », dice Pierre Martin Charpenel, sindaco Ump di Barcellonette, cittadina nelle Alpi dell’Alta Provenza, a un tiro di schioppo dal Piemonte. «Di chi è la colpa? Delle potenti lobby di ambientalisti che da decenni mentono sostenendo che i lupi sono necessari all’ecosistema e che per difendersi da loro bastano i cani».
Come il sindaco Charpenel, molti pastori se la prendono con quelli che hanno accolto con gioia il ritorno in Francia del temibile carnivoro, siano essi ecologisti, etologi o semplici amanti della natura. Dice Jacques Carriat, guida di montagna a Barcellonette e da anni strenuo difensore del lupo: «In Francia siamo abituati a demonizzare qualsiasi cosa. Prima gli arabi, poi i neri e gli ebrei, e adesso il lupo “italien”. A Parigi, per compiacere gli elettori, i politici di ogni schieramento, compreso il leader no-global José Bové, si oppongono tutti al ritorno del lupo. Con quali conseguenze? Che quest’anno se ne potranno legalmente abbattere 34 esemplari, e che l’anno prossimo il doppio».
Ma per sua fortuna il lupo è un animale guardingo, diffidente, astutissimo. Perciò, l’anno scorso, nonostante i costi elevatissimi e il colossale dispiegamento di mezzi, i “lupari” hanno abbattuto solo 8 esemplari, ai quali però ne vanno aggiunti altrettanti eliminati di frodo dai bracconieri arruolati dagli allevatori. Più che a battute di caccia questi “prelievi” mirati somigliano a operazioni militari, con l’intervento di decine di uomini dotati di armi da guerra e fucili di alta precisione con visori a infrarossi per cacciare anche di notte. Come se non bastasse, le autorità francesi hanno incoraggiato gli stessi allevatori ad armarsi per spaventare il lupo a schioppettate se dovesse avvicinarsi alle greggi o, se necessario, per accopparlo quando è recidivo. «L’allevamento di ovini era in crisi prima che tornasse il lupo, il quale sbrana, sì e no, lo 0,3 per cento del totale delle pecore francesi», spiega Carriat, «mentre le malattie parassitarie e i cani randagi ne uccidono una media di 1000 al giorno».
Ma è possibile che in Francia siano davvero giunti all’amletico dilemma: o l’agnello o il lupo? Ed è possibile che non ci sia più spazio per il Canis lupus in terre in cui ha abitato per centinaia di migliaia di anni prima di essere ferocemente sterminato da un corpo di gendarmeria, la louveterie , appositamente creato da Franceso I nel XVI secolo? «In realtà una soluzione ci sarebbe. Basterebbe imparare dalla cultura pastorale che da millenni fa coabitare l’uomo e il lupo. Per evitare che il “mostro” sbrani le pecore è sufficiente difenderle», dice ancora Carriat. Proprio come accade noi dai tempi del Neolitico.
Repubblica – 9 giugno 2014