Segni particolari: «Stiamo rientrando in anticipo dall’alpeggio e l’anno prossimo potremmo anche non andare in malga». I nomi: Ivano Brunelli, Daniele Massella, Carlo Baltieri, Cristiano Stander, Leopoldo Grossule. Cinque allevatori della Lessinia. A tutti è successo di sollevare la carcassa di un loro animale sbranato dai lupi. Brunelli abita a Velo Veronese, è stato il più tartassato, il luogo si chiama malga Moscarda.
«Dieci delle mie vitelle predate. Ho pagato di tasca mia i 427 euro per smaltire le carcasse e gli altri soldi per curare quelle ferite. O trovano una soluzione o noi stiamo lontani dalla malghe. Non posso andare su con 21 capi e tornare giù con dieci, tra l’altro un mese prima rispetto al solito per evitare altre predazioni. È anche umiliante vedere una tua bestia mangiata viva: questo mestiere lo facciamo con amore, non c’è risarcimento che tenga». Daniele Massella, il nostro secondo allevatore, parla da una malga di Erbezzo: «Una manza di quasi due anni, predata la settimana scorsa. Sostituirla sarà difficile. Il risarcimento non è immediato, e comunque non ti risarciscono il tempo che passi a cercare la carcassa e a portarla vicino alla strada per caricarla sul camion. Una manza così la puoi trovare simile, ma non l’hai cresciuta tu, non la conosci, magari è una manza di scarto, col rischio che introduca qualche malattia infettiva, o che soffra troppo il cambiamento d’ambiente e alimentazione. Siamo preoccupati, lo sono anch’io e ci penserò bene se andare in alpeggio anche l’anno prossimo. Il rischio che in molti rinuncino è concreto. E intanto, per il timore di perdere altri capi, stiamo rientrando 10-15 giorni prima». Carlo Baltieri è di Bosco Chiesanuova. «Ho una manza che deve partorire a ottobre ma è stata morsa dal lupo. La stiamo curando, mangia, però quando partorirà non riuscirà più a fare il latte. Le cure me le sto pagando da solo. L’anno prossimo? Dipende se trovano una soluzione oppure no. Badate che il lupo è un predatore dominante, l’ordinanza del sindaco Flavio Tosi è giusta al cento per cento, fateci caso ma nessuno ci mette la firma nel dire che il lupo non può attaccarci». Altra testimonianza, stavolta da Roverè, l’allevatore è Leopoldo Grossule: «A noi il lupo crea solo danni. Non possiamo più lasciare libero il bestiame giovane. Quando arriverà la neve, temiamo che il lupo si abbassi ed entri nelle stalle. Avevamo proposto di spostarlo, che lo portino dove vogliono. Ci hanno risposto: la Comunità Europea dà contributi per avere il lupo in Lessinia. Okay, ma è un’opportunità, non un’imposizione, e se vediamo che quest’opportunità non può convivere con noi?».
Chiude Cristiano Stander, che di predazioni ne ha viste tre: «Il danno è inestimabile. Tra quelle che ho perso c’era la figlia di una delle migliori mucche della stalla. Ti possono anche risarcire il valore attuale della vitella, ma poi quella vitella di fatto non ce l’hai più. L’anno prossimo? Non so se torno in malga. Potrei tenerle in stalla, giù al paese, e comprare il fieno. D’altronde: o il nostro bestiame o i lupi».
Il Corriere del Veneto – 1 ottobre 2014