Marcia indietro, per una questione di sopravvivenza. Il piano di gestione delle risorse di pesca nella laguna di Venezia presentato da Legacoop alla Regione Veneto e ai pescatori, prevede un ritorno alla cattura delle vongole filippine anche nei banchi naturali. Le sole aree in concessione non bastano più: la produzione del 2014 si è fermata a circa 5 mila tonnellate, contro le 40 mila della fine degli anni Novanta.
Soprattutto se si tiene conto che nel Delta del Po di amministrazione rodigina, la produzione invece sale a oltre 11 mila tonnellate all’anno. Dopo la caccia aperta, che contraddistinse il Covealla, il soggetto privato dei produttori a metà degli anni Duemila, con episodi di battute di pesca a ridosso degli scarichi del Petrolchimico e la scorticatura del fondale lagunare con i fuoribordo usati come rasche; dopo l’intervento pubblico delle amministrazioni provinciali di centrosinistra assieme al Magistrato alle Acque e alla Regione che disciplinarono approvvigionamento alla semina, raccolta e controlli sanitari sui caparossoli nelle sole aree in concessione, si cambia ancora. «La produzione del 2014 – riassume Alessandro Vendramini di Agriteco – è sostanzialmente inesistente. Negli anni Duemila avevamo in laguna 140 cooperative, ora siamo scesi a 65 e da circa 1500 addetti, siamo scesi a 480. La laguna era il motore produttivo che determinava il prezzo del prodotto e la struttura dell’intera filiera. Oggi abbiamo una settantina di operatori tra Cortelazzo e Burano e Cavallino; altrettanti a Pellestrina e 230 a Chioggia che è rimasta la zona più produttiva con circa 600 ettari in concessione dei 1.400 totali». A parole, Regione, Provveditorato interregionale alle Opere pubbliche che ha nelle carte intestate il Magistrato alle Acque e rappresentati di categoria ripetono che la pesca non può e non deve sparire dalla laguna. Ecco, allora, il piano di salvataggio per i pescatori elaborato da Legacoop presentato, ieri, al Padiglione Aquae di Marghera, al neo assessore regionale alla Pesca Giuseppe Pan che assicura «massima collaborazione». «Tre aree: laguna nord, centrale e sud – dice Vendramini – per tre grandi consorzi per tornare a produrre nove o diecimila tonnellate all’anno e una pesca che non può essere gestita solo nelle aree chiuse, ma va allargata ai banchi naturali». «Ci volevano convincere che le vongole crescessero come le carote, ferme dove le hai piantate, invece sono pascoli. I pescatori devono raccoglierle dove le trovi» dice Roberto Varagnolo del Cogevo di Chioggia. «È la parola fine sulle politiche del Gral, e un riconoscimento al modello dei Cogevo che ha fatto scuola», aggiunge Maurizio Salvagno, presidente del Gac di Chioggia.
Enrico Bellinelli – Il Corriere del Veneto – 25 luglio 2015