Il giorno dopo il Consiglio dei ministri che ha varato la legge delega, il ministro Marianna Madia ha spiegato in conferenza a palazzo Chigi gli aspetti qualificanti della “seconda gamba” della riforma della Pa. Sulla riorganizzazione dell’organico pubblico il ministro ha garantito che non ci saranno esuberi. “Il tema del miglior utilizzo dei dipendenti pubblici c’è. Mobilità e demansionamento sono due norme contrastate che però servono ad avere le persone giuste al posto giusto per il tempo che serve. La mobilità obbligatoria entro i 50 chilometri prevede proprio che un lavoratore vada dove serve di più”. Novità in arrivo anche per i dirigenti, le cui carriere – ha spiegato il ministro – non saranno legate al solo automatismo ma ci sarà anche una valutazione di merito.
“Pensiamo ad un meccanismo diverso, in cui si può avanzare di livello ma anche tornare indietro e gli avanzamenti sono legati alle valutazioni precedenti sul lavoro. Poi ci deve essere un incentivo economico”.
Quanto al rinnovo del contratto del pubblico impiego, bloccato dal 2008, Madia ha spiegato che “ci potrà essere solo con l’uscita dalla crisi”. “Penso sia un’ingiustizia, ma purtroppo in questa crisi ne stiamo vedendo tante di ingiustizie. E’ una situazione creata dalla crisi che si somma a tante altre ingiustizie e che dobbiamo vedere in italia, ci sono gli esodati e i precari della pubblica amministrazione. L’impegno deve essere uno sforzo comune ad uscire dalla crisi perchè solo uscendo dalla crisi possiamo far ripartire la contrattazione economica”.
Madia, riforma per il rilancio del Paese. Meno costi, più servizi: Pa al test crescita
dal Sole 24 Ore del 12 luglio 2014. Erogazione in modalità digitale di tutti (o quasi) i servizi a cittadini e imprese. Trasformazione delle prefetture nello sportello unico dello Stato sul territorio. Dirigenti inquadrati in tre ruoli. Più poteri alla presidenza del Consiglio nel concerto con gli altri ministeri grazie al silenzio assenso. Sono i pilastri della riforma della Pa contenuta nel disegno di legge delega, che il Consiglio dei ministri ha riapprovato giovedì e che, nelle intenzioni del ministro Marianna Madia, sarà cruciale per rilanciare la crescita e liberare risorse per superare «l’ingiusto» blocco della contrattazione. Insieme ad altre misure come la stretta sulle partecipate, la razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi e la cancellazione del contributo annuale alle Camere di commercio contenute nelle ultime bozze del provvedimento.
A ribadire ragioni e strumenti del riordino è stata ieri, in una conferenza stampa a Palazzo Chigi, la stessa responsabile della Pubblica amministrazione. Che ha motivato il secondo via libera in Cdm dopo quello del 13 giugno scorso, con la necessità di rendere «più chiaro e incisivo» il testo. E, con esso, l’opera di modernizzazione della Pa che il governo ha avviato con il decreto legge n. 90 attualmente all’esame della Camera. Due provvedimenti che erano e restano legati da un filo rosso. Anche nei tempi visto che, per esplicita ammissione della titolare di Palazzo Vidoni, il ddl sarà inviato in Parlamento la prossima settimana, ma verrà esaminato solo a partire da settembre perché prima bisogna concentrarsi sulla conversione del dl.
Passando ai contenuti la novità principale della delega rimane quella annunciata due giorni fa dal premier Matteo Renzi. E cioè la possibilità per cittadini e imprese di ricevere presso il proprio domicilio digitale (o fisico se lo preferiranno) tutti i documenti pubblici. Ma ci si arriverà per gradi. Nel 2015 ogni utente otterrà il suo Pin; entro 1.000 giorni la digitalizzazione sarà completa. Nel disegno dell’esecutivo, una volta ridotte le prestazioni da erogare de visu, sarà più facile snellire gli uffici pubblici. Un aiuto in tal senso lo daranno le prefetture 2.0. Che diventeranno lo sportello unico dello Stato sul territorio. Ospitando le sedi periferiche delle Pa centrali e degli enti pubblici oggi dislocati in ogni provincia come soprintendenze, Entrate, Ragioneria dello Stato eccetera. Resta da capire quante saranno. Secondo il ministro Madia meno del centinaio oggi esistente dal momento che seguiranno la sorte delle province svuotate dalla legge Delrio. Ma l’impressione è che difficilmente possano scendere a 40 come annunciato in un primo momento dal governo.
Novità in vista anche per i futuri «dirigenti della Repubblica»: diminuiranno in rapporto agli altri dipendenti; accederanno alla carica per concorso; non saranno più divisi in fasce bensì inquadrati in tre ruoli unici (Stato, regioni ed enti locali), soggetti a «osmosi» per usare le parole del ministro; otterranno incarichi triennali dopo il sì di apposite commissioni il più possibile indipendenti da politica e sindacati; saranno promossi o bocciati (oltre che retribuiti) sulla base dei risultati della valutazione.
Tra le misure introdotte dal ddl ci sono poi la delega a individuare una volta per tutto le pratiche per cui basta la Scia, l’ampio ricorso ai testi unici e il rafforzamento della presidenza del Consiglio. Per facilitare l’attuazione delle leggi ed evitare la “melina” dei ministeri concertanti viene stabilito un termine di 30 giorni per l’emissione di un concerto, un parere o un nulla osta su un provvedimento attuativo di competenza di un altro dicastero. Affidando a Palazzo Chigi la scelta di concedere o meno altri 15 giorni supplementari e prevedendo il ricorso al silenzio assenso in caso di mancata risposta.
Fin qui le misure citate da Madia. A cui vanno aggiunte, da un lato, quelle previste nel testo sin dall’origine, come il ricorso al part-time per il personale a cinque anni dalla pensione e l’aiuto alla conciliazione dei tempi di vita e lavoro grazie alle convenzioni con gli asili nido e ai voucher per baby sitter e badanti. E, dall’altro, alcune new entry. È il caso della spinta verso l’efficienza delle partecipate statali oppure della razionalizzazione delle norme sugli acquisti di beni e servizi o ancora dell’abolizione del contributo annuale che le aziende devono alle Camere di commercio insieme al trasferimento allo Sviluppo economico del Registro delle imprese.
Nel frattempo potrebbe subire un restyling anche l’altra gamba della riforma: il dl 90 che è all’esame della Camera e sul quale è stato presentato ieri un migliaio di emendamenti. Madia ha aperto uno spiraglio sul ripristino dell’agognata quota 96 per gli insegnanti, intesa come il mix di età e anni contributivi per andare in pensione, che è stata cancellata dalla legge Fornero. «Sarei onorata se la questione si risolvesse nel decreto a mia firma», ha ammesso il ministro. Che con la stessa sincerità ha tuttavia fatto capire come il problema riguardi le coperture e, dunque, l’Economia.
Renzi-Madia, via ai tagli nella Pa. E sui contratti: blocco ingiusto, ma ci sono tante ingiustizie, precari, esodati…
Francesco Grignetti dalla Stampa del 12 luglio 2014. «Non faremo come quel governo che annunciò con una bella conferenza stampa che si sarebbe potuta cambiare la residenza on-line, e poi l’ho visto io quante file ho fatto perché non si erano messi d’accordo, il governo e i Comuni…». Soave, ma battagliera, la ministra Marianna Madia. La sua puntura di spillo farà forse sobbalzare quel ministro della Pubblica amministrazione (toh, era Renato Brunetta) che nel novembre 2009 annunciava la novità dei cambi di residenza via Internet? Boh, i rapporti tra i due non sono dei migliori e non peggioreranno certo perché la Madia annuncia che lei e il governo Renzi hanno cambiato paradigma: prima fanno gli accordi necessari con gli enti locali, poi presentano i testi di legge.
Quanto al testo che rivoluziona la Pubblica amministrazione, lo si dovrebbe vedere la prossima settimana. Intanto la Madia ne racconta lo spirito: «Stavolta partiamo dall’efficienza e non dalla spending. Non so nemmeno quanto si potrà risparmiare e sono contenta di non saperlo».
Le misure che contiene, come si sa, sono tante: le prefetture diverranno Uffici territoriali del governo, guidati da un prefetto, e raccoglieranno anche fisicamente le articolazioni periferiche dello Stato. Molti uffici pubblici traslocheranno di sede. E alla fine le prefetture saranno anche meno delle 100 attuali, ma non così poche (si era ipotizzato 40) come previsto all’inizio.
È davvero renziana doc, questa riforma improntata alla filosofia del movimento. Per i dirigenti si annuncia un gran muoversi in verticale: «Oggi – dice il ministro – non c’è l’incentivo a fare immediatamente bene il proprio lavoro. Soprattutto se fai male, non torni indietro. Con la riforma si potrà salire e scendere in carriera». E in orizzontale: nascerà il ruolo unico della dirigenza, con tutti dentro, e da lì i ministeri pescheranno con bandi per coprire i posti vacanti. Un dirigente avrà un incarico triennale, rinnovabile una sola volta. Poi si cambierà scrivania. E non ci saranno differenze tra Stato e enti locali.
«Bisogna uscire dalla logica – dice ancora Madia – che un dirigente sia di questo o quel ministero: non bisogna sentire l’appartenenza a una singola amministrazione, ma si è tutti dirigenti dello Stato, anzi della Repubblica». Così a formarli ci sarà una scuola unica. E a selezionarli, per evitare le mani lunghe della politica, una commissione di tre saggi di altissimo profilo.
Per avere una Pubblica amministrazione al servizio del cittadino e non viceversa, servirà una digitalizzazione spinta e il fatidico Pin unico. «Il primo punto su cui investiremo. Il Pin sarà attivato entro il 2015; andrà a regime entro la fine della legislatura».
Nel frattempo si moltiplicano le proteste. A chi annuncia battaglia per salvare le 8 sedi distaccate dei Tar, la Madia risponde: «Non vorrei che fossero le solite logiche territoriali». Ai magistrati ultrasettantenni che vengono pensionati: «Con il limite spostato al 2015 abbiamo salvaguardato la continuità del lavoro negli uffici giudiziari». Al personale che si vede il contratto bloccato da troppo tempo, «è un’ingiustizia, lo so, ma con questa crisi se ne vedono tante di ingiustizie. Penso ai precari, agli esodati… Prima rendiamo efficiente la macchina pubblica, incentiviamo la ripresa, e poi potremo parlare del resto».
12 luglio 2014