Le nuove regole sul contratto a tutele crescenti, con le modifiche all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori introdotte nel settore privato con il Jobs Act, «non saranno applicate nella Pa». Lo ribadisce la ministra della Funzione pubblica, Marianna Madia, che apre alla sola possibilità di intervenire sulle norme che regolano i procedimenti disciplinari per renderli “effettivi”. Il Ministro invitando a “leggere più attentamente la sentenza della Corte Costituzionale” segnala come “alla fine (la sentenza) stabilisce che il lavoratore va reintegrato”. Per la titolare di palazzo Vidoni c’è una differenza sostanziale tra datore di lavoro pubblico e privato: quest’ultimo, ha spiegato, «lavora con risorse proprie, mentre lo Stato con risorse della collettività». E?quindi, secondo Madia, «se un licenziamento nella Pa ha un vizio, la collettività vedrebbe allontanato in modo sbagliato un lavoratore pagandogli un’indennità con soldi pubblici. Quindi il danno sarebbe doppio».
Di qui la scelta di lasciare il “vecchio” articolo 18 per i dipendenti pubblici. Tuttavia, ha aggiunto Madia, questa scelta «non significa non sanzionare chi fa male, tutt’altro. Per i dipendenti pubblici che fanno male ci saranno i procedimenti disciplinari. E?nella delega è presente un criterio fondamentale per riuscire a garantire, una volta per tutte, esiti concreti e la conclusione dei procedimenti» (e quindi arrivare a una sanzione concreta). Per ora, la delega Madia non è ancora stata attuata. Ma la ministra ha assicurato «entro Natale» l’arrivo di un primo pacchetto di provvedimenti attuativi, a partire dalla semplificazione delle conferenze dei servizi e dall’informatizzazione dell’Amministrazione.
“Nella delega ci saranno elementi concreti per rendere effettive le sanzioni disciplinari, perché come le ha introdotte Renato Brunetta non funzionano, sono troppo complicate e noi ci faremo carico di semplificarle”. Intervenendo al question time al Senato, il ministro Marianna Madia prefigura la riforma della Pubblica amministrazione, alla quale – di qui ai prossimi mesi – dovranno dare sostanza i decreti legislativi previsti dalla legge delega. Quello relativo alla conferenza dei servizi arriverà “in Consiglio dei ministri prima di Natale”. Fra le novità annunciate, anche la definizione chiara di “cosa si può fare con la Scia (Segnalazione certificata di inizio attività, ndr) e cosa richiederà una autorizzazione espressa”. In ogni caso l’obiettivo è di giungere a una “modulistica unica e standardizzata e un unico punto di contatto con l’amministrazione per semplificare la giungla delle autorizzazioni”. E tutto questo “senza introdurre nuovi istituti giuridici”.
La tempistica, dopo i primi decreti, che saranno varati prima della fine dell’anno, prevede l’emanazione di tutti gli altri “entro la primavera, per dare tempo alle commissioni parlamentari di analizzarli”. Il ministro è tornato anche sull’annosa questione relativa all’applicabilità della riforma del lavoro. “Ribadisco: noi non applichiamo il Jobs act al pubblico impiego”, aggiunge il ministro, che la ritiene “una ricetta semplicistica che portano a una previsione normativa che solo al privato si può applicare” perché se c’è un vizio nel licenziamento di uno statale, non solo il comparto pubblico deve reclutare un sostituto che abbia svolto un concorso ma “dovrebbe anche pagare un’indennità che corrisponde a risorse delle collettività”. Per questo le proposte di applicare la riforma del lavoro al pubblico impiego secondo la Madia sono “traslazioni semplicistiche che non risolverebbero i problemi ma ne creerebbero di più”.
Questo però, nelle intenzioni dell’esecutivo, non necessariamente contraddice una maggiore efficienza del pubblico impiego. L’introduzione del ruolo unico per gli statali comporterà infatti “un meccanismo meno irrigidito da quello delle fasce”, che sarà superato con una norma transitoria. Inoltre, per “garantire la premialità”, si uscirà “dal mondo delle valutazioni uguali per tutti”: “Se un dirigente valuta tutti uguali, si vedrà lui stesso penalizzato nella carriera”, sottolinea la Madia, perché questo sarà letto come una mancanza di attenzione nei confronti del lavoro dei dipendenti. Inoltre col ruolo unico, “l’incarico che assumeranno i dirigenti sarà di maggiore o minore responsabilità a seconda di come è stato svolto quello precedente”.
Il Sole 24 Ore e il Velino – 11 dicembre 2015