Francesca Schianchi. «Landini ha sbagliato, mi sembra ancora nella logica per cui non ci si confronta ma si demonizza l’altro. Però ho apprezzato le scuse». All’indomani della polemica tra Pd e leader Fiom sul «consenso degli onesti», il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, ragiona di rapporto coi sindacati e prospettive del governo. «Noi stiamo cercando di cambiare, di portare l’altro a essere non un nemico, ma un interlocutore che la pensa diversamente: ci proviamo ad esempio quando diciamo che le regole del gioco si scrivono con l’opposizione». Superando la contrapposizione berlusconiani e antiberlusconiani. «Quella che per 20 anni ha contribuito a paralizzarci, e ha giovato solo a Berlusconi, che vinceva le elezioni. Il primo a tentare di superare questa demonizzazione è stato Veltroni: il Pd di oggi è suo erede». Ministro, però Renzi è il primo a cavalcare la retorica del nemico che non lo fermerà…
«Renzi rivendica il primato della politica: il fatto che non ci possa essere un sindacato, un burocrate, una minoranza che blocca il cambiamento. Ma non ha mai negato il confronto a nessuno. Non si fa trascinare in mediazioni estenuanti, ma non nega il confronto in cui argomentare le proprie posizioni».
Poi però accusa i sindacati di inventarsi ragioni per scioperare…
«Vuole porre un grande tema al sindacato, quello di uscire dal confronto di maniera. Ci sono due temi su cui, se il sindacato volesse interloquire, ci sarebbero praterie: come tutelare il lavoro anche nelle fasi di non lavoro – penso a quando la cassa integrazione si protrae per troppo tempo – e come evitare divari retributivi eccessivi».
Forse il problema è che non sanno come dirvele, le loro proposte, se voi per principio non concertate.
«Io non ho mai rifiutato incontri. Immagino anche che il ministro Poletti sui decreti delegati del jobs act sentirà le parti sociali. Ma noi parliamo di confronto, non di concertazione: diteci la vostra idea, e se è buona la facciamo nostra».
I sindacati sono quelli che mettono il gettone nell’iPhone?
«Noi stiamo provando a far fare un passo avanti al Pd e al governo, forse anche i sindacati dovrebbero fare una riflessione su cosa significa oggi rappresentare i più deboli».
Secondo loro lo si fa anche con gli scioperi: contro il blocco dei contratti del pubblico impiego scendono tutti in piazza…
«Ciascuno deve fare ciò che in coscienza crede sia giusto: se credono sia giusto scioperare, va bene così. Dopo l’incontro avuto con loro l’altro giorno, la leader Cisl Furlan ha detto “malgrado i bei modi non c’è nulla di concreto”. Io ricambio l’annotazione sui bei modi, anche lei è una persona gentile, ma non sono d’accordo sul resto: gli 80 euro vanno a un dipendente pubblico su 4, c’è l’impegno ad assumere vincitori di concorso e precari della scuola, ho garantito che non ci sarà nessun esubero…».
Nessun esubero ma magari ricollocazione lontano da casa?
«No, ricollocheremo le persone vicino a dove già lavorano, senza abbassamenti di stipendio. Ho anche proposto ai sindacati una discussione sulla natura del rapporto di lavoro pubblico: spero che non sprechino l’occasione».
Fatto sta che il pubblico impiego sciopera: che effetto le fa?
«Io so che fanno una richiesta legittima, e auspico di poter sbloccare i loro contratti l’anno prossimo. Ma ora è giusto partire dalle emergenze: non credo ci sia un solo euro nella legge di stabilità che avrebbe dovuto essere altrove».
Tuttavia, ministro, le piazze si riempiono e le proteste mostrano disagio sociale.
«E’ la conseguenza di un anno in più di una lunga crisi. Per questo è fondamentale fare le riforme e continuare una battaglia politica in Europa che ha portato Juncker a promettere 300 miliardi di investimenti. Dobbiamo continuare a dimostrare quello che cerchiamo di dimostrare da un anno: il primato della politica».
Dovevate dare lustro alla parola politica, ma sembra ancora una parolaccia, i politici sono sempre più contestati.
«Dare lustro alla politica significa, dopo 20 anni di rinvii, fare le cose. E, quando si fanno, c’è chi è a favore e chi è contro».
Anche nel Pd: Fassina teme una vicinanza con gli interessi più forti…
«Abbiamo messo un tetto agli stipendi di chi guadagna di più, dato un sostegno ai redditi bassi, spostato il peso fiscale dal lavoro alle rendite… Quale di queste cose è vicina agli interessi più forti?».
La Stampa – 23 novembre 2014