La burocrazia che ti fa aspettare dieci anni l’esito di una Conferenza dei servizi, che costa alle imprese il 4% del loro fatturato, che usa i timbri come fossero chiavi per aprire le porte, così che alle volte chi la chiave non ce l’ha (o la vuol girare più in fretta) prova ad oliare i cardini e infilarsi furbescamente nel pertugio.
Ma anche la burocrazia nata come baluardo terzo, imparziale e impersonale ai dispotici e arbitrari capricci del «principe», la burocrazia che è uno degli esempi più alti di servizio alla collettività, al bene comune. Di questo, e molto altro, si è parlato ieri al Teatro olimpico di Vicenza, nel corso dell’incontro organizzato dal Festival Città Impresa tra il ministro della Funzione pubblica e della Semplificazione Marianna Madia e Gian Antonio Stella, firma del Corriere della Sera che proprio alla malaburocrazia ha dedicato un libro, «Bolli, sempre bolli, fortissimamente bolli».
Un incontro in cui il ministro ha fatto il punto sull’attuazione della sua riforma («Undici decreti attuativi sono già stati approvati, altrettanti lo saranno entro l’anno visto che la delega scade a fine agosto»), precisando che non si tratta dell’ennesima proliferazione di «leggi scritte male» che poi si rivelano inutili, bensì di una vera e propria rivoluzione «con cui confidiamo di cambiare la vita delle persone». La strada è comunque lunga, e tortuosa, secondo Stella, che ha ricordato alcuni dei tanti aneddoti raccontati in anni di inchieste giornalistiche, dagli inamovibili dipendenti dell’Enit, l’ente nazionale del turismo, con stipendi da 80 mila euro l’anno ai custodi dell’«archeologico» Antonino Salinas di Palermo che, mentre il loro museo veniva ristrutturato si sono rifiutati per anni di lavorare provvisoriamente altrove. Proprio sul personale Madia ha annunciato alcune novità, di particolare interesse per il Veneto che in questi anni ha visto svariate indagini a carico di impiegati assenteisti, presunti o patentati: «Rivedremo per decreto il sistema delle sanzioni disciplinari – ha detto – e questo, unito al fatto che siamo alla vigilia di una nuova stagione contrattuale in cui puntiamo a cancellare alcune vecchie clausole, diciamo così, discutibili, dovrebbe aiutarci a risolvere il problema». Il giro di vite, ha voluto precisare Madia, «non sarà nell’ottica della guerra al dipendente pubblico, al fannullone, che era propria del mio predecessore Brunetta e non ha portato ad alcun risultato, come dimostra il fatto che siamo ancora qui a parlare degli stessi argomenti, bensì del rispetto dei lavoratori che invece si danno da fare, con dignità. È per difendere loro che va punito chi fa il furbo». Poi ha aggiunto: «Lasciatemi però dire che mi hanno stupito le reazioni al nostro decreto sull’allontanamento in 48 ore senza stipendio del dipendente che non si presenta al lavoro: molti mi hanno detto che era una misura eccessiva, evitabile, da applicare solo in caso di recidiva».
Detto della consapevolezza di quanto le incertezze e le lungaggini della burocrazia incidano negativamente sulla vita delle imprese, scoraggiando anche chi vorrebbe investire in Italia («Il nodo principale sono i blocchi tra amministrazioni, a volte per sciatteria a volte per un esercizio di potere che può alimentare fenomeni corruttivi»), Madia ha risposto a distanza al presidente della Corte d’appello di Venezia, Antonino Mazzeo Rinaldi, che in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario aveva denunciato le difficoltà incontrate col nuovo processo telematico, quasi tali da far rimpiangere quello vecchio stile: «La digitalizzazione è fondamentale ed è una priorità del governo. Il processo telematico sta dando ottimi risultati, costantemente monitorati dal ministro della Giustizia Orlando. Le risorse ci sono, altre ne arriveranno. Il problema mi pare semmai negli uffici, c’è diffidenza verso il cambiamento».
A margine, prima di lasciare Vicenza, il ministro è tornata anche sullo scontro col governatore Luca Zaia sulla nomina dei direttori generali della Sanità: «Parliamo di circa 200 persone che gestiscono un budget di 112 miliardi. Ce ne sono di bravi e di meno bravi, ne abbiamo avuto degli esempi in giro per l’Italia e non ce lo possiamo permettere, vanno scelti con cura. Per questo abbiamo deciso di istituire un albo nazionale, che sia garanzia di competenze e di una formazione adeguati». E la terna spedita da Roma all’interno della quale dovrebbe poi scegliere il governatore? «Su quella sono aperta al confronto, non c’è ancora nulla di deciso. Il punto su cui siamo irremovibili è l’albo. Poi vogliamo l’interpello al posto della terna? Va bene, valuteremo insieme, senza fare barricate».
Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 3 aprile 2016