Quando lo scorso aprile il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, varò il suo primo Def, il Documento di economia e finanza, pensava di essere stato addirittura prudente sul Prodotto interno lordo, previsto in crescita dello 0,8% nel 2014. Da allora molto è cambiato, nonostante il bonus da 80 euro al mese a 10 milioni di lavoratori dipendenti.
L’economia internazionale ha frenato, persino in Paesi come la Germania. Il Tesoro aspetta quindi il dato del secondo trimestre del Pil, che l’Istat diffonderà ai primi di agosto, per preparare l’aggiornamento del Def che presenterà a settembre. E che conterrà una stima del Prodotto interno lordo per il 2014 nettamente più bassa. Basti dire che Bankitalia e Confindustria già prevedono lo 0,2%. Di conseguenza anche il rapporto tra deficit e Pil, finora previsto al 2,6%, peggiorerà. L’Italia ribadisce il proprio impegno a non superare la regola europea del 3%. Questo significa che, se fosse necessario, si potrebbe ricorrere a una manovrina di fine anno come quella fatta nel 2013 dal governo Letta (1,6 miliardi) per correggere i conti dello 0,1% e riportare il deficit dal 3,1 al 3%. Ma al Tesoro confidano che nemmeno questo sia necessario anche perché la spesa per interessi sul debito sta andando meglio del previsto e dovrebbe compensare il calo delle entrate dovuto al rallentamento dell’economia. Inoltre restano convinti che l’effetto degli 80 euro ci sarà nella parte finale dell’anno: finora sono stati pagati solo due mesi, maggio e giugno.
Ma anche se il deficit del 3% verrà rispettato e anche se non c’è nel governo alcuna intenzione di varare manovre aggiuntive nel 2014, «perché sarebbe un ulteriore colpo alla crescita» osservano i tecnici, la frenata del Pil causerà comunque problemi nei rapporti con la Commissione Europea per i riflessi che avrà sul percorso per raggiungere il pareggio strutturale di bilancio. L’Italia ha già deciso un rinvio dello stesso al 2016, che è stato fortemente criticato dalla commissione uscente. L’ulteriore peggioramento della congiuntura potrebbe mettere a rischio il pareggio nel 2016. Ma poiché questo deve essere conseguito, secondo le regole europee, al netto del ciclo economico,ecco che le valutazioni della nuova commissione europea dovrebbero tener conto della frenata del Pil in tutta Europa e applicare all’Italia quella flessibilità appunto prevista dal Fiscal compact. È su questo che ruoterà il braccio di ferro con Bruxelles.
Il governo, per ora, procede con cautela. Ribadisce che rispetterà le regole, che sta attuando il percorso di risanamento e di riforme previsto, ma è preoccupato per il prolungarsi di una crisi che ha cause esterne. Il fatto che gli 80 euro non abbiano ancora prodotto gli effetti sperati, sta aprendo riflessioni sulle stesse linee guida impostate per il 2015 e il 2016. Da un lato, infatti, viene ribadita la necessità di rispettare gli ambiziosi obiettivi di taglio della spesa pubblica per 17 miliardi nel 2015 e 32 miliardi nel 2015, dall’altro, tra gli stessi tecnici, ci si comincia a interrogare sugli effetti che tagli così grandi hanno sul Pil. Si tratterebbe, in sostanza, di individuare riduzioni di spesa improduttiva senza toccare voci che hanno un riflesso sulla domanda interna, ma è chiaro che non è facile. E bisognerebbe accompagnare questi tagli con una forte riduzione della pressione fiscale: ancora più difficile.
Il viceministro dell’Economia, Enrico Morando, sintetizza così le sue valutazioni: «Chi dice che da un peggioramento del Pil discenda automaticamente la necessità di una manovra aggiuntiva per il 2014 non tiene conto del Fiscal compact che contiene margini di flessibilità proprio per far pronte a situazioni del genere. In questo caso poi, il peggioramento dell’economia non riguarda solo l’Italia né è dovuto al non rispetto degli impegni presi dal nostro Paese. È insomma il classico caso dove si può usare la flessibilità prevista nel ritmo di avvicinamento al pareggio strutturale di bilancio». Senza contare che la commissione europea, osservano i tecnici del governo, dovrebbe anche tener conto nelle sue valutazioni del fatto che l’inflazione è vicina allo zero anziché al 2% che sarebbe tra gli obiettivi della Banca centrale europea. E con un’inflazione intorno al 2% migliorerebbero i saldi di bilancio. In ogni caso, «siamo solo a metà anno», ripetono al Tesoro e a Palazzo Chigi. «Credo — dice per esempio Morando — che il successo delle riforme istituzionali migliorerà le aspettative sull’Italia e porterà maggiori investimenti esteri con riflessi positivi per qualche decimale di punto sul Pil». Speriamo .
Enrico Marro – Corriere della Sera – 27 luglio 2014