Il premier lo invita a non aumentare le tasse e lui replica: “Con questi tagli sarà impossibile. Non ci sono i margini” Ieri l’incontro in Regione con Cgil, Cisl e Uil su lavoro e welfare: “Guai a penalizzare lavoratori dipendenti e pensionati”
Alessandro Mondo. Sono giorni decisivi sull’asse Torino-Roma. Il deficit è tale che senza un intervento dello Stato il Piemonte è in difficoltà. Ma chiedere al governo di mettere il naso nei conti del Piemonte vuol quasi sempre sentirsi dire di aumentare le tasse. Chiamparino non lo vuole fare, ma teme sia inevitabile.
«Il mio amico Sergio»
Così quando durante la presentazione della manovra Renzi lo chiama in causa dichiarandosi sicuro che il «suo amico Sergio non aumenterà le imposte». Chiamparino non ci sta, ma la prende con la solita ironia. «Se non vuole che il Piemonte aumenti le tasse vorrà dire che non ci chiederanno di farlo quando ci presenteremo a Roma con i nostri problemi di bilancio». Ma poi incalza: «Non ho nessun problema a rispondere in diretta a Matteo: quattro miliardi di tagli per le Regioni sono tanti; sentendo i miei colleghi, non vedo grossi margini per non aumentare». I quattro miliardi sono il sacrificio che il governo chiede alle Regioni nella manovra appena presentata ieri sera.
I sindacati
La querelle con Renzi arriva alla fine di una giornata in cui Chiamparino ha incontrato i sindacati. Riunione interlocutoria. Che però è già servita per fare arrivare in Regione il messaggio, forte e chiaro, dei sindacati: il risanamento dei disastrati conti regionali non dovrà essere fatto sulla pelle dei più deboli.
Primo confronto
Forse per questo il comunicato diramato dagli uffici di piazza Castello al termine del «rendez vous» di due ore – da una parte Sergio Chiamparino e l’assessore al Bilancio Aldo Reschigna, dall’altra i segretari di Cgil (Alberto Tomasso), Cisl (Giovanna Ventura) e Uil (Gianni Cortese) – si mantiene sul vago. «Ho riscontrato piena consapevolezza della gravità della situazione», ha commentato il presidente . Nelle stesse ore Angelo Robotto, direttore di Arpa Piemonte, metteva in guardia dai tagli indiscriminati: «Ci sono livelli minimi sotto i quali non si può scendere, guai a tagliare le analisi e il controllo del territorio». La conferma di malumori diffusi. In realtà, fatta salva la comune preoccupazione per il «cul de sac» in cui si trova l’amministrazione regionale e la disponibilità a mettersi in gioco, da parte dei sindacati non sono mancati i paletti.
«No a nuove tasse»
Il primo fronte non poteva che essere quello fiscale, con riferimento all’aumento dell’Irpef (Chiamparino ha escluso interventi sull’Irap, a pena di dare le dimissioni), ormai dato per scontato da una Regione che chiederà al governo un aiuto straordinario. Da martedì, quando il presidente ha illustrato in Consiglio lo stato dei conti, alcuni assessori della giunta hanno cominciato a parlarne dandolo per scontato. «Probabilmente sarà necessario un intervento sul prelievo fiscale perchè ce lo chiede il governo», ha anticipato ieri l’assessore alle Attività produttive Giuseppina De Santis parlando ad un’iniziativa di Confartigianato Piemonte.
Le ipotesi
Lo stesso Reschigna invita a «mettere in conto una richiesta del governo in tal senso». E ha cominciato a mettere a punto le prime elaborazioni sugli scaglioni da ritoccare in vista dell’incontro con il ministero dell’Economia e delle Finanze.
«Lotta all’evasione»
Prospettiva inaccettabile, replicano i sindacati: decisi a tutelare i redditi più bassi (lavoratori dipendenti e pensionati), preoccupati dall’impatto che un aumento dell’Irpef potrebbe avere sull’evasione. Non a caso, chiedono preventivamente che la Regione – onorando il «patto anti-evasione» sottoscritto tempo addietro – condivida le proprie banche-dati con i soggetti preposti: in primis, l’Agenzia delle Entrate. L’occasione, anche, per lanciare un segnale di equità ai lavoratori in vista di un aumento dell’Irpef che gli stessi sindacati mettono in conto. «Siamo disponibili – replica Reschigna – pur sapendo che abbiamo un ruolo limitato: l’unica imposta che incassiamo direttamente è il bollo auto».
Gli altri fronti
Non è l’unica partita aperta con i confederali, attenti ad altri versanti: dalla salvaguardia delle risorse per le politiche sociali alla tutela occupazionale dei dipendenti, compresi i lavoratori delle società collegate (complessivamente è in ballo il destino di 6 mila persone); dal taglio delle consulenze esterne alla riduzione dei costi della politica. Insomma: se il quadro è fosco, a farne le spese non dovranno essere i soliti noti.
Nessuna barricata, per ora, analogamente a quanto accadde quando la giunta Cota muoveva i primi passi, ma segnali precisi.
La Stampa – 16 ottobre 2014