Roberto Petrini. «Nel 2015 abbiamo svoltato, il prossimo anno acceleriamo ». Matteo Renzi, al termine del consiglio dei ministri, certifica la revisione al rialzo delle stime di crescita per l’Italia. «L’export doveva salire del 3,7 secondo le previsioni Istat di inizio anno, invece siamo a +5,2 per cento, c’è più occupazione e più produzione industriale», annuncia.
L’effetto sarà che le stime di crescita di quest’anno contenute nella «Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza » varata ieri dal consiglio dei ministri, saranno portate allo 0,9 per cento (contro lo 0,7 fino ad oggi stimato) e soprattutto per il 2016 il Pil salirà dell’1,6 per cento 2 decimali in più rispetto a quanto ci si aspettava.
Il governo gioca dunque con forza la carta dello sviluppo, nonostante i segnali contrastanti che arrivano sul piano internazionale, e Renzi declina con chiarezza la linea del nuovo Def: «Faremo una manovra espansiva e non di rigore. Vogliamo abbassare il debito perché è giusto nei confronti dei nostri figli e dei nostri nipoti». Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan supporta con la sua analisi: «L’economia sta andando meglio anche per le nostre misure, c’è un sostegno importante alla domanda interna», spiega. Renzi gli dedica una battuta: «Sta alla mia sinistra, così si ricorda i vecchi tempi».
Ma la partita delle risorse necessarie alla prossima legge di Stabilità che, secondo quanto annunciato dallo stesso Renzi nei giorni scorsi vale circa 27 miliardi, si giocherà per gran parte sulla flessibilità concessa da Bruxelles. Caleremo tutte le carte possibili: flessibilità per le riforme, flessibilità per gli investimenti e anche flessibilità per l’emergenza migranti. In tutto, sommando «sconti» già concessi e quelli da concedere, si arriva al «tesoretto» di 16 miliardi annunciati da Renzi nei giorni scorsi (1 punto di Pil)di flessibilità ottenuta come, ha rimarcato il premier, «grazie al semestre di presidenza italiano».
Scendendo nel dettaglio la prima mossa è stato l’allargamento dello sconto a fronte di riforme ottenuto lo scorso anno e già contabilizzato per il 2016 che ci ha permesso di ridurre l’intervento sul deficit strutturale dallo 0,5 di prassi al solo 0,1: con il Def chiediamo di essere esentati anche da questo 0,1 e dunque lo sconto sale a 0,5 ovvero 8 miliardi. L’altra clausola riguarda gli investimenti, quindi la quota di cofinanziamento dei fondi strutturali europei che pesano sui nostri conti. Questa quota sarà scorporata dal deficit strutturale e sarà pari allo 0,3 per cento del Pil, cioè 4,8 miliardi.
Infine la sorpresa dell’ultima ora: l’Italia chiederà anche l’attivazione di uno sconto sul deficit a causa dell’emergenza migranti pari ad uno 0,2 per cento del Pil, ovvero 3,2 miliardi. La clausola dovrà essere approvata da Bruxelles che ha già discusso il dossier: sul piano tecnico, come ha ricordato Renzi, si potrà fare appello alle situazioni di emergenza già previste dal Patto di stabilità e crescita del 1997.
Il nuovo posizionamento del quadro macroeconomico e soprattutto la partita a scacchi sulla flessibilità cambia i termini degli obiettivi di bilancio fissati dal Def. In primo luogo il pareggio di bilancio slitta per la terza volta ( doveva essere raggiunto nel 2016, poi nel 2017) e viene fissato nel 2018. Anche il fatidico rapporto nominale tra deficit e Pil, che quest’anno chiude al 2,6 per cento, il prossimo anno salirà al 2,2 per cento dall’1,8 fissato dal Def varato nella primavera scorsa: in totale si tratta di un «salto» dello 0,8 per cento rispetto al tendenziale (cioè in assenza di politiche) che lo scorso anno andava virtuosamente verso l’1,4 per cento. Dunque una politica espansiva, che fa perno sul deficit, il quale potrà raggiungere – come ha confermato lo stesso Padoan in conferenza stampa, il 2,4 per cento se verrà approvata la clausola migranti. Anche il debito subirà le conseguenze della nuova impostazione: «Scenderà meno del previsto ma a velocità crescente», ha ammesso Padoan. In sostanza il rapporto con il Pil quest’anno si collocherà al 132,8 (in leggera crescita rispetto al 132,5 previsto) e il prossimo anno scenderà al 131,4 invece che al 130,9 previsto in aprile. Il tutto bollinato dalla presenza del commissario agli Affari economici di Bruxelles, Pierre Moscovici, che è stato l’intera giornata a Roma e ha incontrato il nostro ministro del Tesoro: «Riforme italiane solide e concrete, flessibilità sì ma entro le regole dei Trattati», ha sentenziato poco prima che cominciasse, con un’ora di ritardo, il consiglio dei ministri.
Gli occhi ora sono tutti puntati sulle misure e la legge di Stabilità da varare entro il 15 ottobre. Padoan ha confermato l’intenzione del governo di tagliare le tasse a cominciare dalla sterilizzazione dell’aumento dell’Iva e delle accise dal primo gennaio di quest’anno, come prevedono le vecchie clausole inserite a difesa e garanzia dei saldi di bilancio. «Ci saranno meno tasse nella legge di Stabilità e questo permetterà quindi un sostegno alla domanda interna», ha confermato. Ma l’obiettivo è anche quello dell’abolizione della Tasi sulla prima casa, degli incentivi al Sud e del rifinanziamento dei bonus sulle assunzioni. In tutto 27 miliardi che dunque per buona parte (circa 16 miliardi) saranno finanziati con l’aumento del deficit consentito da Bruxelles, che dovrà comunque «bollinare» la nostra manovra ad ottobre, e che per altri 10-11 miliardi dovranno far conto sulla spending review da 10 miliardi riaffermata del Def a partire da 1,5 miliardi dell’operazione Consip, per proseguire su sanità e tax expenditures e contando anche sulle entrate una tantum del rientro dei capitali dall’estero.
Repubblica – 19 settembre 2015