Quattro emendamenti della maggioranza (uno solo firmato anche da FI), ben 40 mila proposte di modifica della Lega e molte altre in ordine sparso di Sel, M5S e minoranza pd. I numeri del Senato sulla legge elettorale dicono che il governo Renzi entra nella zona di navigazione a vista, la più pericolosa, proprio nel giorno in cui si apre la successione per il Quirinale.
La novità di una clausola di salvaguardia scritta — secondo cui la nuova legge elettorale non è valida prima del 1° luglio 2016 — non è bastata a fugare i sospetti di Forza Italia che continua, almeno negli atti formali, a non sottoscrivere la soglia di accesso al 3% e il premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione: «Forza Italia ha firmato solo l’emendamento che porta la soglia per il premio di maggioranza al 40%», ha puntualizzato il capogruppo Paolo Romani. Invece la conferma che i capilista bloccati formeranno una Camera dei nominati al 50-60% ha risvegliato il livello di mal di pancia nella minoranza del Pd: «Renzi parla con tutti, anche con Gengis Khan, ma poi non si confronta con noi del Pd», ha sintetizzato con una battuta l’ex segretario Pier Luigi Bersani.
E ora che si complica il gioco ad incastro tra le proposte emendative dell’Italicum, la cabina di regia di Palazzo Chigi non esclude che già domani, dopo un franco chiarimento previsto tra il segretario Renzi e i senatori del Pd, il governo possa presentare un suo maxi emendamento interamente sostitutivo del testo: una mossa a lungo ritardata, questa, che non preclude la richiesta di un voto di fiducia, capace però di far decadere tutti gli altri emendamenti e di far arrivare in porto l’Italicum prima dell’elezione del nuovo capo dello Stato. D’altronde, commentano i cultori dei precedenti di Palazzo Madama, nel ‘53 la «legge truffa» (soft in termini di soglia e di premio di maggioranza rispetto all’Italicum) fu approvata con un colpo di mano della maggioranza.
Nel Pd però c’è chi resiste all’idea di riproporre una Camera (l’Italicum non contempla il Senato elettivo) composta per i due terzi da nominati dai partiti. Sono 37 i senatori dem firmatari di un emendamento che riduce al 30% (189 su 630) i candidati bloccati in un listino nazionale, lasciando alle preferenze la scelta per tutti gli altri deputati: «Altrimenti passiamo dal Porcellum al Porcellinum», commenta Miguel Gotor (Pd). E in FI c’è chi teme che la clausola di salvaguardia possa poi essere cancellabile con un semplice decreto: «Se non sarà efficace sceglieremo un presidente della Repubblica che garantisca anche nei tempi il passaggio tra la prima e la seconda Repubblica», ha detto Augusto Minzolini che va teorizzando l’ascesa di Romano Prodi al Colle come unico antidoto per neutralizzare la corsa solitaria di Renzi.
«Il governo vuole solo applicare un patto oscuro fatto da Renzi e Berlusconi», attacca Gianluca Castaldi (M5S). Loredana De Petris annuncia che Sel chiederà di sospendere l’iter dell’Italicum in attesa del nuovo capo dello Stato. Stessa richiesta alla Camera, dove la maggioranza ha superato il primo voto segreto sulla riforma del Senato e ha bocciato una proposta di Sel che scolpiva in Costituzione la parità di genere nelle leggi elettorali.
Dino Martirano – Il Corriere della Sera – 14 gennaio 2015