McDonald’s Italia chiude il 2015 in zona 1,1 miliardi di euro (1,085 miliardi), con una crescita del 5 per cento. Ma dietro a questo dato c’è un’Italia divisa in due, con il Nord dinamico e il Sud e isole fermi o dinamici come i gamberi.
Italia a due velocità
Quel +5% generale, infatti, nasconde dinamiche differenti, come chiarisce Roberto Masi, ad di McDonald’s Italia: «Cresciamo in un contesto di debolezza: il dato è il risultato di un incremento circa del 9% al Centro-Nord e di uno stallo o un leggero calo al Sud». Il piano triennale di sviluppo appena concluso prevedeva 100 nuovi ristoranti e 3mila assunzioni a fronte di un investimento di 500 milioni di euro. «In realtà – conferma Masi – ci siamo fermati leggermente al di sotto degli obiettivi: siamo a quota 92 aperture nei tre anni (oggi McDonald’s conta 532 ristoranti nel Paese, ndr) e a circa 2.800 assunzioni». Gli addetti sono cresciuti da 16.700 a circa 19.500. Un rallentamento rispetto al piano legato principalmente alle dinamiche economiche e geografiche del Paese: «È innegabile che Nord e Sud viaggino a velocità differenti – ammette l’ad di McDonald’s Italia – e non si vedono indicazioni per un cambio di rotta, anzi. L’impressione è che la forbice si stia ancora ampliando. Non riscontriamo solo un deterioramento dei consumi ma anche nel contesto con cui le imprese si confrontano, nella burocrazia». Tutto questo, secondo Roberto Masi, rischia di ripercuotersi sul piano di sviluppo della multinazionale nel Mezzogiorno, «soprattutto nelle regioni più popolose e interessanti, come Campania e Sicilia».
Il nuovo piano di crescita
L’incremento registrato da McDonald’s ha registrato a sua volta dinamiche differenti a seconda dei segmenti. Il +5% complessivo – a fronte di una dinamica pressoché stabile dei pasti fuori casa in Italia – si compone di un +9% di colazioni e McCafè (280 le caffetterie aperte a tutt’oggi) e di un +4% circa per i pasti fuori casa. Dati incoraggianti, per la filiale italiana di McDonald’s, superiori alle dinamiche di mercato. Anche per questo Masi esprime l’intenzione del gruppo «di continuare il piano di investimenti» che verrà definito verso la metà di marzo nel confronto con i vertici della multinazionale Usa. L’ad giudica realistica la previsione di ulteriori «27 o 28 aperture anche nel corso del 2016», il che confermerebbe, in prospettiva, il percorso di avvicinamento dell’Italia al livello di “penetrazione europeo”: circa un ristorante ogni 50mila abitanti, 1.200 ristoranti in tutto; più del doppio rispetto al livello attuale. Si tratterebbe, per McDonald’s, credere a tal punto sul mercato italiano da puntarci ulteriori 3 miliardi di euro circa (sono serviti 500 milioni per aprirne un centinaio). Molto dipenderà dalla ripresa del Paese e quindi dei consumi, oltre che dai vertici del gruppo.
L’anima made in Italy
Dalle brioches al caffè per finire con le patate, «oggi la quota di made in Italy in un pranzo da noi – spiega Roberto Masi – raggiunge l’86% degli ingredienti». Una quota che salirà ulteriormente appena diverrà operativo l’impianto di trasformazione che sta realizzando il gruppo emiliano Pizzoli (la cui intesa con Mc fu anticipata dal Sole 24 Ore del 9 ottobre 2014): «Abbiamo stipulato accordi con agricoltori veneti e abruzzesi per la coltivazione della tipologia di patata che serve ai nostri ristoranti – spiega Masi – ma la trasformazione avviene ancora in Austria». Ma non c’è solo cibo made in Italy dietro ai Big Mc: in questi anni sono cresciuti da 122 a 140 gli imprenditori che gestiscono ristoranti in franchising (si veda altro articolo in pagina): «È un segnale importante – conferma l’ad – anche della nostra volontà di continuare a investire nel Paese».
Gluten free e servizio al tavolo
L’ultimo arrivato, tra le novità della filiale italiana per ampliare il mercato, è il panino senza glutine, realizzato con l’azienda altoatesina Schär specializzata in alimenti per celiaci: «Siamo appena partiti – commenta Masi – e ne stiamo vendendo 5-6mila al giorno». McDonald’s Italia ha lavorato al progetto per due anni. Non senza difficoltà: «Regione che vai normativa che trovi – sottolinea Roberto Masi – sei ne hanno una propria, le altre no». Mc ha collaborato con l’associazione celiachia ma i problemi burocratici e le richieste bizzarre non sono mancate, compresa una Asl che ha preteso che anche la tovaglietta fosse gluten free. Nel frattempo, prende piede nei ristoranti italiani del gruppo il servizio al tavolo: sperimentato in 140 punti, verrà esteso a 300 entro fine 2016 e entro il 2017 sarà coperta l’intera rete.
Carlo Andrea Finotto – Il Sole 24 Ore – 20 febbraio 2016